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"Posizioni ancora distanti". Sul salario minimo Meloni propone l'intervento del Cnel

Meloni, Tajani e Salvini si sono confrontati a Palazzo Chigi con Conte, Schlein, Calenda, Bonelli, Fratoianni e Magi: il confronto è durato più di un'ora e mezza, ma le rispettive posizioni sono rimaste ferme a quelle della vigilia

"Posizioni ancora distanti". Sul salario minimo Meloni propone l'intervento del Cnel

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"Posizioni ancora distanti". Nulla di fatto nell'incontro governo-opposizioni sul salario minimo

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Alla fine tutto si è (inevitabilmente) "risolto" in un nulla di fatto. O meglio: il governo si è voluto dare due mesi di tempo - da cui alla prossima legge di bilancio - "per capire se c'è un margine" per condividere "soluzioni efficaci per favorire il lavoro giusto, pagato adeguatamente". Non sono bastati cento minuti abbondanti a Palazzo Chigi per modificare tutte le rispettive opinioni politiche sul salario minimo. Tuttavia un confronto "molto più ampio che coinvolga chi è costituzionalmente più attrezzato per fare questo lavoro" rimane aperto: la proposta è quella di affidare al Cnel il coordinamento di un lavoro più approfondito.

E dire che è stata la prima volta in assoluto in cui tutti quasi tutti i più importanti leader nazionali di partito si incontravano per un fitto faccia a faccia su un argomento concreto: da una parte del tavolo Giorgia Meloni, Antonio Tajani e Matteo Salvini (quest'ultimo da remoto) dall'altra Giuseppe Conte, Elly Schlein, Carlo Calenda, Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni e Riccardo Magi si sono confrontati per più di un'ora e mezza nella sede governo sui nove euro lordi all'ora come stipendio base per tutti i lavoratori. Un tema identitario che i partiti di sinistra hanno voluto insistentemente introdurre nel dibattito politico con una proposta di legge unitaria presentata in Parlamento che ha visto confluire tutte le opposizioni (tranne Italia Viva).

La maggioranza aveva optato di rimandare l'intera discussione a dopo la pausa estiva di Camera e Senato, ma aveva comunque teso una mano con i giallorossi per avviare un serio dialogo istituzionale tra le due opposte posizioni. I risultato di quello che bisogna - in ogni caso - considerare come un evento "storico" è stato quello atteso alla vigilia. Troppo ampia la differenza di veduta tra i due poli per potere costruire una valida soluzione di compromesso già nella giornata di oggi. Quello che è certo è che la prima volta che Conte, Schlein e Calenda si trovano uniti e compatti su una proposta politica parlamentare che è diventata la loro bandiera comune da potere issare contro l'esecutivo di centrodestra. La premier Meloni, tuttavia, è rimasta ferma su quello che ha sempre sostenuto nelle ultime settimane: stabilire per legge una cifra minima oraria di retribuzione per tutti, potrebbe rischiare di tenere più bassa l'asticella del minimo contrattuale previsto.

La segretaria del Partito Democratico aveva gettato benzina sul fuoco contro il governo nelle ore immediatamente precedenti l'incontro a Palazzo Chigi, esprimendo ammirazione verso se stessa per "avere costretto il governo ad occuparsi dei lavoratori": come se il governo non avesse già emanato un decreto Lavoro lo scorso primo maggio, giusto per fare un esempio. Parole a parte della Schlein, il confronto in sè si è svolto in maniera serena e costruttiva, con il presidente del Consiglio che ha introdotto l'argomento nel vertice prima che i leader delle opposizioni illustrato le loro convinzioni. Alla fine, per utilizzare un paragone sportivo, la "sfida" è terminata in parità. Per i ministri del centrodestra il rischio è che con fissazione per legge di una quota a 9 euro, si possano abbassare gli stipendi all'80% dei lavoratori che oggi guadagnano di più. Quindi, col 90% dei lavoratori già coperti e tutelati da contratti nazionali, sarebbe meglio concentrare gli sforzi su altro. L'opposizione parla di "palla buttata in tribuna". Ma la proposta della Meloni di affidare al Cnel il compito di preparare una proposta sul lavoro povero e i salari bassi per arrivare a una proposta comune e condivisa resta sul campo.

Tutto è rimandato all'autunno, anche se la sensazione forte è che difficilmente la sinistra riuscirà ad avere la meglio su questo tema nel mondo in cui vorrebbe lei.

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