
È il giorno decisivo per la vendita dello stadio San Siro: e lo si capisce plasticamente gettando uno sguardo su piazza Scala, dove sono affissi i cartelli dei comitati. "Teniamoci San Siro", "No alla Vendita di San Siro", "I beni pubblici non si vendono". Oggi il consiglio comunale è riunito per esprimersi sulla delibera della giunta sulla cessione dello stadio Giuseppe Meazza alle società di Inter e Milan. Valore: 197 milioni di cui 22 milioni saranno messi sul tavolo, per le spese, dal comune. Si procede a oltranza fino al voto finale, che potrebbe anche arrivare a notte fonda. In ogni caso, si deve decidere prima di domani: il 30 settembre scade l’offerta dei due club presentata al sindaco Giuseppe Sala. I voti favorevoli nella maggioranza sono al momento 24 (Monica Romani del Pd ha detto oggi che voterà sì alla vendita), mentre resta indeciso Marco Fumagalli della lista Sala. I "no" nel centrosinistra sono 7, di cui 3 consiglieri del Pd, prima forza della maggioranza, contrari per le ripercussioni dal punto di vista ambientale e per lo scudo penale richiesto dai club. Il centrodestra, che non vuole offrire una sponda al sindaco, è orientato a opporsi alla delibera, o a uscire dall’Aula al momento del voto. "Ci opponiamo a questa operazione perché la delibera è una sciagura per la città, è la svendita dello stadio ai fondi di cui non si conoscono nemmeno i proprietari - ha spiegato una cittadina dei comitati -. L'abbattimento dello stadio è un enorme danno per la città, un favore alle squadre e una grossa speculazione".
I comitati, tra cui il "Sì Meazza" guidato dall'ex vicesindaco di Milano Luigi Corbani, contestano fortemente la vendita dello stadio. Tra gli argomenti utilizzati, i circa 24,7 milioni di euro di "mancati versamenti" (è la loro stima sulla base di una convenzione stipulata nel 2020, a cui è seguita una determina dirigenziale dell’Area sport del Comune) che Inter e Milan avrebbero dovuto, negli anni, versare al comune per l'affitto e per le "opere di manutenzione straordinaria e innovazione". Le mancate manutenzioni, secondo i comitati, hanno fatto crollare il prezzo di vendita che infine è stato stabilito dall'Agenzia delle entrate in 72 milioni di euro (nella zona di San San Siro i terreni valgono fino ai 2000 euro al metro quadro, i terreni di San Siro verrebbero venduti a 440 euro al metro quadro). Un'altra obiezione, mossa dai comitati ma anche degli esperti del Comitato per la legalità e il contrasto alla criminalità organizzata del Comune, riguarda la presunta "opacità" dei fondi proprietari delle squadre (Oaktree e RedBird).
Sul punto è intervenuto ieri il presidente del Milan Paolo Scaroni ha detto: "Per quanto riguarda il tema della legalità, lo capisco perché un grande appalto come questo può suscitare preoccupazioni. Proprio per questo noi stipuleremo con la Prefettura un protocollo di legalità, che assicurerà che le imprese che parteciperanno a questi grandi lavori appartengano a una whitelist, in modo che sia chiaro che non ci saranno infiltrazioni da parte di nessuno". Lo stesso Scaroni ha aggiunto: "Sulla trasparenza, per quello che riguarda il Milan, Gerry Cardinale, che è il fondatore e proprietario di RedBird, attraverso RedBird possiede il 99,97% del Milan". Ancora: "Mi sembra che siamo in dirittura d'arrivo, poi naturalmente il Consiglio comunale dovrà decidere, ma resto ottimista perché faccio fatica a immaginare come si possa rifiutare un progetto di ammodernamento della città e dell'intero quartiere che farà bene a Milano, al calcio milanese e a quello italiano. Insomma, qualcosa che farà bene a tutti".
Secondo il presidente, "siamo fiduciosi perché se dovessero, per ipotesi, sollevarsi problemi, tutti perderemmo: le squadre, Milano, l'Italia, il calcio italiano. Non vedo bene chi si potrebbe prendere la responsabilità di creare un danno di questo tipo".