A sinistra crolla il grande tabù: il Cav può vincere

Bersani sogna la marcia trionfale ma persino l'Unità ora lancia l'allarme. E avanza il timore dell'ennesimo flop

A sinistra crolla il grande tabù: il Cav può vincere

La domanda che gira in questi giorni nei retrobottega della politica è come il Pd riuscirà anche stavolta a fare di tutto per perdere. È la scommessa di queste elezioni. L'altra è se Berlusconi è capace di nuovo di una rimonta a cui un mese fa forse credeva solo lui. Su Monti invece c'è rassegnazione. Sembra che la partita del premier tecnico sia tutta rivolta al dopo. Adesso gioca per contarsi, poi contratterà con Bersani il suo peso specifico utile a dare un governo più o meno stabile al Paese. Al centro c'è più di qualcuno che ormai dà per scontato il patto tra il professore e la sinistra. L'apertura di Vendola, sommessamente possibilista, ha avuto come reazione un cambio di registro di Monti sulle questioni del lavoro e del fisco. Monti di fatto mettendo in discussione la riforma della Fornero ha inviato un messaggio al leader del Sel. Tu smussi là, io smusso qua e diamo una scusa ai nostri elettori per la nostra difficile convivenza. Sono segnali di fumo che i due si scambiano dalle loro rispettive colline per dirsi, del tipo: ho capito che hai capito.

Il guaio è che all'orizzonte di questo romanzo epistolare è apparso Ingroia. In tutte le storie d'amore c'è qualcuno che si sente messo da parte e reagisce con sdegno. Quello che è certo che per la prima volta perfino l'Unità rompe un tabù, ossia ammette la possibilità di una impensabile sconfitta o di un pareggio devastante (nel senso che costringe Bersani ad andare in ginocchio da Casini). Ingroia sta mangiando i voti di Vendola, ecco perché i segnali di fumo verso il centro. Ingroia si presenta anche dove sa di non raggiungere il quorum. Ingroia va da solo in Lombardia. Ingroia rende la battaglia in Sicilia disperata. Ingroia fa sfumare la speranza del Pd di conquistare senza problemi il Senato. Insomma Ingroia inguaia la sinistra e regala un ruolo al Cavaliere. Questo si era già capito leggendo i sondaggi, ora anche gli analisti di partito si chiedono cosa fare per uscire da questo disastro. D'altra parte anche il pm palermitano ha le sue ragioni, e le hanno anche Di Pietro e i reduci di Rifondazione. Bersani a sinistra ha scelto Vendola, che a molti sta più sulle scatole di quanto si pensi, al centro come paracadute futuro si è rivolto a Monti e Casini. Cosa vuole allora Bersani? Ingroia e i suoi fratelli vanno e si prendono i loro voti. Se questo significa far perdere i vicini di casa, pazienza. La storia della sinistra è fatta di questi sgambetti fratricidi.

Quella che doveva essere una tranquilla passeggiata elettorale sta diventando una farsa dal sapore masochista. Qualcuno nel Pd, scherzando, comincia a fare paragoni con la Roma di Zeman: «Avete presente quelle partite in cui i giallorossi stanno vincendo al '24 del secondo tempo tipo due o tre a zero? Ma una voce dentro di te di dice che comunque non puoi stare tranquillo, perché alla fine qualcuno inciampa, si mette di traverso, butta la palla nella propria porta o la difesa si apre sottovalutando gli avversari, dati sempre per stracotti troppo in fretta. Poi pareggi o perdi e ti consoli dicendo che il calcio di Zeman è eticamente superiore». Tutti ammettono comunque che il nervosismo in casa Pd e dintorni sta salendo alle stelle. I brutti segnali arrivano anche da un quotidiano come La Stampa, dove un fondo di Luca Ricolfi pone la domanda che più fa paura: «E se vincesse ancora Berlusconi?».

L'altro grande errore riguarda proprio lui. Non c'è nulla da fare, la sinistra si impegna ma alla fine riesce a raccontarsi il Cavaliere solo in due modi: il male assoluto o un personaggio d'avanspettacolo capitato per caso in politica. Non è certo questo il modo migliore per comprendere l'avversario, valutare i pregi e i difetti e individuare le soluzioni migliori per batterlo.

Questo atteggiamento è sentito dagli elettori indecisi e alla fine porta anche quelli delusi dal Cav a «perdonarlo». Una cosa che per esempio un mammasantissima come Eugenio scalfari continua a sottovalutare, visto che anche dalla Gruber ha raccontato la campagna elettorale del Cavaliere solo come puro cabaret.

E invece Berlusconi sposta più di altri il suo discorso sui problemi concreti degli italiani. Poi, uno può fidarsi o meno, ma alla fine Bersani e Monti appaiono come personaggi di un altro pianeta. Rifiutarsi di riconoscerlo non è solo un errore. È un suicidio.

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