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Sinistra ossessionata dall'agguato al Colle. Ma fu Napolitano a fare invasioni di campo

Altro che notaio, Re Giorgio bocciò il decreto Englaro e nel 2011 catapultò Monti a Palazzo Chigi. Prima di olui Scalfaro tramò con la Lega per far saltare Berlusconi

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Che i poteri del Quirinale si siano allargati negli anni è un dato di fatto. Si può essere d`accordo o in perfetto disaccordo con Ignazio La Russa, ma la critica non è un capriccio. La seconda carica dello Stato ricorda che la Costituzione materiale, non quella di carta, attribuisce al capo dello Stato prerogative sempre più ampie. Esagerazioni per far correre le riforme? Per La Russa sarebbe opportuno «ridimensionare» questa forza. «Vogliono ridurlo a un notaio», lancia l`allarme su Repubblica il costituzionalista Gaetano Azzariti. E con lui molti altri.

Semplificando, il Presidente non sempre è rimasto chiuso al Quirinale. Anzi. Ecco Giorgio Napolitano e il caso Englaro: una vicenda drammatica che spacca il Paese e le coscienze. Il padre di Eluana, Beppino Englaro, vuole farla finita e salutare per sempre la ragazza inchiodata in un letto. La situazione evolve di ora in ora. Il consiglio dei ministri capeggiato da Berlusconi sforna un decreto che blocca l`interruzione dell`alimentazione e dunque tiene in vita la giovane, al centro di un drammatico braccio di ferro. Partita chiusa? No, perché a sorpresa Giorgio Napolitano boccia quel decreto. E il disco rosso al testo, in un momento in cui anche le ore e i minuti sono decisivi, non nasce da sofisticate interpretazioni della norma ma è di fatto un atto politico, che mette spalle al muro il Cavaliere e la maggioranza. Eluana Englaro muore in una clinica di Udine il 9 febbraio 2009.

Altro che notaio. Re Giorgio, come è stato ribattezzato, orienta il Paese sui temi delicatissimi e divisivi del fine vita. E non è la prima volta. Napolitano e prima di lui Oscar Luigi Scalfaro hanno interpretato in modo estensivo il proprio mandato: nei fatti il Quirinale si è trasformato talvolta nella cabina di regia del Palazzo e più che fare da metronomo agli eventi li ha determinati.

Combinazione, in un paio di tornanti decisivi Scalfaro e Napolitano si sono trovati di fronte proprio Berlusconi e hanno agito per spingerlo giù dalla sedia. Certo, erano frangenti difficili, carichi di tensione, gli esecutivi ballavano sotto la tempesta. Nel `94 quella di Mani pulite, nel 2011 quella finanziaria con lo spread alle stelle, e però i presidenti hanno deciso di non rimanere spettatori ma hanno architettato un piano di ricambio a Palazzo Chigi che per loro era necessario.
Dunque, Scalfaro punta nell`autunno del `94 su Umberto Bossi. Si parla di tre incontri riservati che preparano il ribaltone. Il capo dello Stato, invece di attendere le mosse fa leva - secondo alcune ricostruzioni - sul leader della Lega per far mancare i numeri a Berlusconi, azzoppato dall`avviso di garanzia recapitatogli a Napoli nel corso di un summit internazionale. A quel punto, il Quirinale, invece di dare voce agli italiani, si inventa un premier, Lamberto Dini, e diventa il direttore d`orchestra del Paese. Congelando le urne.

Qualcosa di analogo accade nel 2011: lo spread sale inarrestabile, il Paese è in emergenza, Napolitano paracaduta Mario Monti nell`arena. Prima lo nomina senatore a vita, sette giorni dopo, il 16 novembre, gli conferisce l`incarico di capo del governo. Alla guida c`è un premier che nessuno aveva eletto. Si dirà che tutto questo ha salvato il Paese dal baratro.

Le opinioni divergono, ma il timore l`hanno afferrato le mani del Presidente.

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