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Le tante stragi che non hanno insegnato niente alla sinistra

Dalla strage del Venerdì Santo del 1997 alla tragedia in Calabria di domenica scorsa: molti lutti che hanno segnato anche a livello politico il nostro Paese e i governi da Prodi a Letta non sono stati in grado di capire

Le tante stragi sull'immigrazione che non hanno insegnato niente alla sinistra

Quella di Cutro non è stata la prima strage dell'immigrazione nel nostro Paese. Il fenomeno migratorio verso l'Italia è molto recente, ma ha provocato in un lasso di tempo relativamente breve già diverse tragedie in grado di destare scalpore e commozione nell'opinione pubblica. E a cui, quasi sempre, hanno fatto seguito promesse di risoluzione del problema. In realtà però le promesse non sono mai state mantenute: dalle sponde opposte del Mediterraneo si è continuato a partire, mentre lungo le nostre sponde si è continuato a morire.

Dalla strage del blocco navale del 1997 alle prime tragedie nel Mediterraneo Centrale

La prima tragedia divenuta di pubblico dominio risale all'epoca della grande crisi albanese del 1997. Gli sconvolgimenti politici ed economici avvenuti in Albania nei primi mesi di quell'anno, hanno provocato un grande flusso migratorio verso l'Italia. Epicentro di questa crisi migratoria era la Puglia, ma è in tutta la penisola che ben presto il sistema di accoglienza è andato sotto pressione.

Al governo c'era la coalizione di centrosinistra dell'Ulivo, con Romano Prodi come presidente del Consiglio. La reazione dell'esecutivo a quell'ondata di sbarchi è stata molto dura. Il 19 marzo 1997 è stato varato un decreto che ha regolarizzato i respingimenti, pochi giorni dopo è stato stretto un accordo con il governo di Tirana per il pattugliamento delle acque dinnanzi le coste pugliesi. Un termine, quello di pattugliamento, usato per evitare polemiche internazionali visto che in realtà si trattava di un vero e proprio blocco navale. La mossa è stata voluta soprattutto da tre membri di quel governo: Giorgio Napolitano, Lamberto Dini e Bruno Andreatta, rispettivamente ministro dell'Interno, degli Esteri e della Difesa.

È in questo contesto che il 28 marzo 1997, durante un'azione di pattugliamento, la corvetta Sibilia ha accidentalmente urtato la nave Katër i Radës con a bordo più di cento migranti. Il bilancio di quello scontro è stato pesantissimo. Dopo giorni di ricerche, è stata accertata la morte di almeno 108 persone (anche se 27 naufraghi non sono mai stati trovati e dichiarati ufficialmente dispersi).

Mancavano due giorni alla Pasqua e per questo quella tragedia è rimasta negli annali come “strage del Venerdì Santo”. Il governo di allora sul blocco navale ha tirato dritto. Poche ore dopo, Roma è riuscita a farsi autorizzare dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite l'avvio di una missione da portare avanti in Albania per ridare stabilità al Paese. L'intento principale era però fare in modo di fermare i flussi migratori.

Il ritorno alla normalità in Albania ha progressivamente azzerato gli sbarchi in Puglia. Le attenzioni si sono quindi spostate negli anni successivi sul Canale di Sicilia. Qui i primi sbarchi sono stati registrati nel 1991, ma è alla fine degli anni '90 che il fenomeno ha iniziato a destare allarme. Ed è del 2002 la prima grave tragedia registrata in Sicilia. Il 15 settembre un barcone con diversi migranti a bordo si è rovesciato a circa mezzo miglio da Capo Rossello, in provincia di Agrigento. I morti in quell'occasione sono stati 37. La notizia è stata sulle prime pagine per alcuni giorni, ma l'immigrazione non era il tema dominante in quel momento e i riflettori sia politici che mediatici si sono poi spenti.

Le stragi del 2013 e del 2015

Già nel 2002 era però risaputo che il Mediterraneo stava diventando teatro di numerosi naufragi. Episodi spesso accaduti in alto mare e quindi entrati subito nel dimenticatoio. Diversa è stata invece la situazione quando le tragedie si sono verificate sotto i nostri occhi. È il caso della strage del 3 ottobre 2013, avvenuta a pochi passi da Lampedusa.

Il ribaltamento di un barcone che conteneva un numero importante di migranti, ha causato nelle prime ore del mattino la morte di 388 persone. Il fatto ha suscitato immediatamente forte emozione e non ha mancato di avere anche conseguenze politiche. Al governo c'era la coalizione retta dal Pd e dal nuovo partito dell'allora vice presidente del consiglio Angelino Alfano, mentre il presidente del consiglio era Enrico Letta.

Le prime reazioni sono state nel segno di una condanna alle leggi sull'immigrazione allora vigenti, con riferimento soprattutto alla legge Bossi-Fini del 2002. Anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, lo stesso che era ministro dell'Interno all'epoca della strage del 1997, ha chiesto nuovi interventi legislativi.

Ma la conseguenza politica più importante ha riguardato l'avvio della missione Mare Nostrum per il pattugliamento del Canale di Sicilia. Missione poi supportata l'anno successivo dall'Unione Europea e da Frontex. Gli interventi però non hanno provocato né un ridimensionamento del fenomeno migratorio e né la fine delle tragedie. Nell'aprile del 2015 infatti, si è avuta forse la più grave strage nel Mediterraneo. Almeno tra quelle registrate e conosciute dalle autorità. Il 18 aprile infatti l'affondamento di un barcone a 100 km dalle coste libiche e a 200 da quelle di Lampedusa, ha comportato la morte di almeno 700 persone. I soli 28 sopravvissuti hanno parlato di un numero di dispersi ancora più ampio.

Al governo c'era sempre una coalizione di centrosinistra, ma retta questa volta da Matteo Renzi. La reazione è stata la stessa di un anno e mezzo prima. Ossia garantire un maggiore pattugliamento del Canale di Sicilia. Italia e Ue hanno esteso il raggio d'azione dell'operazione avviata nel 2014, inaugurando la missione Eu Navfor Med. Un'operazione su cui ancora oggi si dibatte parecchio. Secondo il governo di allora ha contribuito a salvare molte vite umane. Ma c'è anche chi ha sottolineato come la presenza di navi militari in mare abbia portato a maggiori partenze dal nord Africa e, di conseguenza, a maggiori rischi per gli stessi migranti.

È per questo oggi che, alla luce della strage in Calabria, si chiedono più interventi volti a frenare le partenze. Un orientamento del resto già emerso nel corso del Consiglio europeo del 10 febbraio scorso e nella lettera scritta dall'attuale presidente del consiglio,

html">Giorgia Meloni, all'indomani della tragedia calabrese.

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