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Sul Teatro di Roma farsa sinistra. Si placa se si sdoppia la poltrona

Questa storia del Teatro di Roma, rischia di passare da farsa a tragedia, con la nomina di un secondo direttore generale

Sul Teatro di Roma farsa sinistra. Si placa se si sdoppia la poltrona
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Questa storia del Teatro di Roma, rischia di passare da farsa a tragedia, con la nomina di un secondo direttore generale. Anche se le cose non stanno esattamente così. E tra poco lo capiremo bene. Tutto nasce dal fatto che governo e regione Lazio non sono più in mano alla sinistra e che da troppi anni il principale teatro romano viveva tra commissariamenti e vuoti amministrativi. Il nuovo consiglio, in cui la maggioranza è in mano ad istituzioni oggi governate dal centro destra, decide di nominare Luca De Fusco come direttore generale. Lo pesca da una rosa di tre nomi, tutti professionisti del settore, che una commissione proposta dal presidente del Teatro e già viceresponsabile cultura del Pd, Francesco Siciliano, aveva nominato. Entro il 31 gennaio i teatri italiani devono fare richiesta al ministero dei finanziamenti pubblici (ballano due milioni solo per Roma) e nella domanda non poteva mancare una relazione artistica firmata da un esperto del settore, di cui il teatro non disponeva. De Fusco viene dunque scelto. Ma il sindaco di Roma Roberto Gualtieri (nella foto), la stessa segretaria del Pd, un manipolo di artisti e attori gridano all'occupazione della cultura da parte della destra e si mettono pure a questionare sull'entità dello stipendio (150mila euro) del nuovo direttore generale. De Fusco ha diretto diversi teatri è tutto tranne che un militante dei partiti di governo. Il punto, chiaramente, è che il nuovo direttore non fa parte della stretta cerchia della sinistra governativa.

E arriviamo alla tragedia. Ieri fonti romane dicono che si sarebbe raggiunto un compromesso: un secondo direttore generale. E qui cade la maschera. Era solo una questione di poltrone: un pezzettino a tutti e la pillola va giù. Nessuno parla più di costi e stipendi, nonostante la cosa fosse ridicola, posto che l'ultimo direttore generale (2018) voluto e scelto dalla maggioranza grillina-piddina prendeva esattamente 150mila euro. Raddoppiando i direttori si raddoppiano presumibilmente i costi. E soprattutto, dove sono finiti i rischi della democrazia che De Fusco si portava con sé, come urlavano in piazza gli attori e i militanti. De Fusco ha firmato il contratto di direttore generale nei giorni scorsi. Difficile se non impossibile pensare che molli, tanto che il tam tam romano parla di un secondo direttore con le sole deleghe sindacali e amministrative. Una sorta di numero due dell'attuale direttore.

Insomma tutto questo putiferio, dichiarazioni, prime pagine dei giornali, interpellanze, sit in, viene cancellato da una poltrona di direttore amministrativo? È la tragedia dell'ipocrisia di uomini che più che di cultura sembrano di pagnotta.

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