"Testardamente unitari" o divisi su tutto? Il grande caos del centrosinistra

Dalla politica estera ai referendum, i partiti del centrosinistra votano ognuno in maniera diversa

"Testardamente unitari" o divisi su tutto? Il grande caos del centrosinistra
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“Testardamente unitari”. È questo il mantra che il segretario del Pd Elly Schlein ripete costantemente, soprattutto dopo una vittoria elettorale come quella ottenuta al Comune di Genova con Silvia Salis, sostenuta da un campo larghissimo che andava da Italia Viva al M5S.

Peccato, però, che questa unità tanto desiderata e professata vada in fumo alla prima importante prova parlamentare: il voto sulle mozioni presentate sulle comunicazioni del presidente del Consiglio Giorgia Meloni in vista del Consiglio Europeo del 26 e 27 giugno. Pomo della discordia nel centrosinistra è stata, appunto, la mozione con cui il M5S ha chiesto di aprire una “collaborazione con la Russia per l’approvvigionamento di gas”. Mozione ritenuta irricevibile per Carlo Calenda che, senza mezze misure, ha commentato: “Sembra scritta da Putin”. Ovviamente, anche i riformisti del Pd l’hanno subito bollata come non votabile. Una posizione che ieri ha costretto tutto il Pd ad astenersi sulla mozione M5S a esprimere il proprio voto contrario sull'articolo relativo alla Russia, mentre Alleanza Verdi e Sinistra ha votato a favore dell'intero documento, ma contro laddove si parlava del gas russo. Oggi, invece, secondo quanto rivela l’Ansa, a Palazzo Madama, tre senatori del Pd (Pier Ferdinando Casini, Filippo Sensi e Simona Malpezzi), hanno votato a favore della risoluzione presentata da Azione. Una mozione che è stata approvata anche col voto favorevole del governo, dopo una breve riformulazione.

Il centrosinistra, dunque, come già successo precedentemente in occasioni simili, si è spaccato su questioni di politica estera. Eppure, solo poche settimane fa, era andata in scena un’altra manifestazione “unitaria” del centrosinistra in nome della pace a Gaza. Sì, in verità, in piazza san Giovanni mancavano i centristi Renzi e Calenda e i riformisti dem, ma dal palco i leader del “campo largo” Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni avevano invitato i presenti all’unisono ad andare a votare per i referendum. Anche in questo caso, però, ognuno aveva votato in maniera diversa l’uno dall’altro e che il “testardamente unitari” sia andato letteralmente in frantumi alla prova delle urne. L’unico quesito su cui tutte le forze d’opposizione erano formalmente tutte d’accordo, con l’eccezione del M5S che ha lasciato libertà di voto, è stato quello che ha ottenuto il minor numero di consensi: il referendum sulla cittadinanza. Sui quesiti sul lavoro, invece, il centrosinistra è andato completamente in ordine sparso dato che il Pd si era espresso per il sì, ma l’ala riformista del partito non ha ripudiato il Jobs Act e si è astenuta. Carlo Calenda, invece, aveva invitato a votare 4 no e un sì (quello sulla cittadinanza), mentre Matteo Renzi aveva dato la seguente indicazione di voto: 2 no ai quesiti sul Jobs Act, 1 sì per la cittadinanza e libertà di voto per i restanti referendum. Il M5S, invece, si era impegnato solo sui primi quattro quesiti sul lavoro, mentre +Europa si è impegnata soprattutto sul referendum sulla cittadinanza da lei proposto.

Sulle questioni fondamentali, insomma, nel centrosinistra esiste un tale ginepraio di posizioni da mandare in rovina qualsiasi velleità di unità. Ecco, dunque, che la replica della Schlein alle parole della premier Meloni “se vogliamo la pace, prepariamo la pace" sembra alquanto adatta anche al centrosinistra italiano sempre più litigioso.

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