È tornata la voglia di scrivere lettere Alla faccia dell'email

Corsi, libri e festival. La penna che si muove sul foglio non è più démodé. Ora fa tendenza

È tornata la voglia  di scrivere lettere Alla faccia dell'email

Cara Amica Lettera,
ti scrivo così mi distraggo un po' e siccome sei molto lontana più forte ti scriverò. Da quando sei partita c'è una grossa novità, l'anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va.
Tra le cose che non vanno c'è anche quella che nessuno scrive più lettere (nel senso di corrispondenza epistolare con tanto di francobollo e timbro postale). Ad andare fortissimo sono invece le lettere digitate sulle tecno-tastiere di varia risma (nulla a che fare con le vecchie risme di fogli cartacei): il prodotto che ne scaturisce si chiama email o sms, un misero accrocco lessicale vellutato come la pelle di un cactus e che sta alle Ultime lettere di Jacopo Ortis come l'ultimo modello di PlayStation 4 sta al vecchio videogame Pac-Man.
I nostalgici della parola vergata con la stilografica (la penna d'oca, purtroppo, è da un po' fuori mercato) saranno quindi entusiasti col progetto Fabriano ScrivereLettere: «È bello pensare, scrivere e ricevere qualcosa di scritto. Entra a far parte del progetto ScrivereLettere Fabriano: scrivi un tuo pensiero su un biglietto Medioevalis, carta di altissima qualità prodotta a macchina in tondo a Fabriano dal 1904, con quattro bordi ottenuti con strappo manuale del filo d'acqua. Ti regaliamo una busta; poi, ovunque e a chi vuoi, spedisci il tuo pensiero». Se oggi vuoi essere veramente di trendy (o trendly? boh) niente di meglio di una bella lettera scritta a mano. Se ti sei arrugginito, basta iscriversi a uno dei tanti corsi o festival di scrittura old fashion alla ricerca della prosa perduta. In alternativa puoi anche acquistare lo stilosissimo libro di Simon Garfield «L'arte perduta di scrivere le lettere» (Ponte alle Grazie). Sostiene Garfield: «Per millenni le lettere hanno plasmato la storia e l'esistenza degli individui: la digitalizzazione della comunicazione e l'avvento delle email hanno cancellato la vitalità e l'autenticità di un semplice foglio infilato in una busta affrancata».
Simon Garfield - giura il suo editore - non intende certo lanciarsi in una crociata contro il progresso informatico; piuttosto, vuole riaffermare «il romanticismo della posta», in epoche in cui gli scambi epistolari fornivano «il tramite silenzioso di ciò che era importante e accessorio», «descrivevano le gioie e le sofferenze più intense dell'amore».
L'autore prefigura un mondo senza lettere e francobolli, e al tempo stesso celebra un aspetto centrale del nostro passato, una modalità di scambio basata sulla riflessione e il rispetto. Nel suo libro storia, aneddotica, curiosità si intrecciano in un racconto venato di erudizione e ironia, dalle tavolette anonime della Britannia romana fino ai nostri giorni: i capolavori di Cicerone e Seneca, le passioni che infuocavano Anna Bolena e Napoleone, l'anonima vita quotidiana di Jane Austen, l'incontenibile esuberanza epistolare di Madame de Sévigné.


Il feticismo collezionistico di Garfield non è altro che una dichiarazione d'amore per le lettere, per il semplice «fruscio di una busta», per la loro intimità e intrinseca completezza: «Un mondo senza lettere sarebbe sicuramente stato un mondo senza ossigeno». Neanche un gran danno, considerato l'inquinamento dell'aria.

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