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Flop Basilicata, candidati sconosciuti e la sfilza di sconfitte: così si sgonfia il campo largo

Dall'Umbria alla Basilicata, ogni qual volta Pd e Cinquestelle si sono alleati, hanno presentato dei neofiti della politica che (a eccezione della Sardegna) hanno sempre perso

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Il centrosinistra è in tilt. In un giorno solo, l’oculista scelto da Giuseppe Conte ed Elly Schlein, Domenico Lacerenza, travolto dalle polemiche interne, ha rinunciato alla candidatura a presidente della Regione Basilicata, mentre in Piemonte si è consumata la rottura Pd e Cinquestelle. I dem piemontesi, infatti, dopo un lungo tira e molla, hanno deciso di non aspettare più i Cinquestelle e hanno schierato Gianna Pentenero, assessore alla sicurezza al Comune di Torino che ha avuto la meglio sui favoriti Chiara Gribaudo e Daniele Valle.

È proprio la difficile convivenza con i pentastellati che, molto spesso, ha portato il Pd a fare scelte alquanto incomprensibili. Nel 2019 stipulò un accordo col M5S per presentare Vincenzo Bianconi, presidente Federalberghi dell’Umbria che fu sconfitto sonoramente dalla leghista Donatella Tesei, prima governatrice di centrodestra della Regione. L’anno successivo, in Liguria, i dem appoggiarono Ferruccio Sansa, giornalista del Fatto Quotidiano, molto vicino a Conte, che perse di quasi venti punti sull’uscente Giovanni Toti.

Nel 2021, in Calabria, i giallorossi schierarono il medico Amalia Bruni che raccolse a mala pena il 27% dei consensi. Tutti candidati civici semi-sconosciuti, perfetti per interpretare la parte dei Carneadi e tutti destinati all’inevitabile sconfitta. Nel 2023 e nel 2024, invece, il Pd abdica totalmente al ruolo di partito guida della coalizione e acconsente ad appoggiare i primi candidati pentastellati. L’anno scorso, in Molise, viene candidato Roberto Gravina, sindaco grillino di Campobasso, mentre quest’anno l’ex viceministra Alessandra Todde in Sardegna. Nel primo caso, vince il centrodestra ma nel secondo hanno la meglio i giallorossi per meno di 2000 voti.

Il centrosinistra abruzzese, invece, arriva al 47% ma non vince nonostante la formula scelta fosse quella del ‘campo largo’, anzi larghissimo in quanto comprendente anche i centristi del Terzo Polo. Totale? Sei sconfitte e una sola vittoria ottenuto al voto disgiunto di elettori di centrodestra che hanno voluto punire la scelta della Meloni di puntare tutto sul sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, poco amato anche dai suoi stessi concittadini.

L’ala riformista del Pd, parlando a microfoni spenti, ribadisce la sua contrarietà a questa forma di subalternità dei democratici nei confronti di Giuseppe Conte. “È mai possibile che gli unici candidati che vanno bene siano solo quelli che sceglie lui?”, è il mantra che circola tra i piddini. In effetti, Conte non ha mai accettato di appoggiare un candidato espressione del Pd e persino di scegliere attraverso le primarie di coalizione chi avrebbe dovuto rappresentare i giallorossi. Il culmine di questa subalternità si è registrato proprio in Basilicata dove la base dem, che avrebbe voluto sostenere Angelo Chiorazzo, si è ribellata alla scelta di Lacerenza. In serata, il civico cattolico fondatore di Basilicata Bene Comune rilancia la sua candidatura a governatore della sua Regione e ha chiamato a raccolta tutti coloro che vorranno sostenerlo. "Non importa se hanno in tasca la tessera di un'associazione, di un partito o di un movimento", ha detto lanciando una chiara sfida sia al Pd sia al M5s. Presto, sicuramente, ci saranno nuove e interessanti puntate di questa telenovela che sta lasciando attoniti anche i sostenitori del centrosinistra..

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