Più di seicento pagine per un titolo affilato come una lama: Io e Cristo, in libreria da domani (Bompiani editore). Don Luigi Verzè torna a far parlare di sé: «Questo libro - ha spiegato in diverse occasioni - è il mio testamento spirituale, il bilancio di una vita». Unesistenza spesa sulla prima linea del dolore, della malattia, del mistero della morte.
Il sacerdote veronese non si è mai spostato da questo confine difficilissimo, impresa meritoria in un società che spesso crede o finge di credere che il limite non esista. Don Verzè ha costruito su questa linea mobile tutta la sua opera - il San Raffaele di Milano, ma ormai è meglio declinare la parola al plurale, dallIndia al Brasile e domani, chissà, allAfghanistan -; ha provato a spostare in avanti, puntando come nessuno in Italia sulla ricerca, la barriera che ci lega alla finitudine; ha cercato di dare un senso, interrogando quotidianamente Cristo, i suoi medici e soprattutto i suoi pazienti, alla battaglia per una qualità della vita migliore.
Un vulcano don Verzè e anche, alla sua maniera, così provinciale e così cosmopolita, un alfiere del made in Italy. Un uomo che vende ospedali allavanguardia, ricerche che finiscono puntualmente sulle più prestigiose riviste scientifiche, interventi che approdano regolarmente sulle pagine dei giornali. Evangelicamente, una storia che è racchiusa in tre verbi: andate, insegnate, guarite. Dove il San Raffaele è ormai un logo che riempie il mappamondo, una serie di laboratori che allungano la vita e danno la speranza e, non da ultimo, anche un centro di formazione sotto lombrello dellUniversità Vita-salute.
Io e Cristo: un dialogo fra luomo e il suo Salvatore che don Verzè, a testimoniare una posizione non ideologica e per certi aspetti nemmeno religiosa se per religione sintende solo un insieme di regole, conduce ancora con vigore a 87 anni.
Io e Cristo oggi alle 18.30 nella Sagrestia del Bramante, Basilica di Santa Maria delle Grazie