L’AMORE NELL’ETÀ DELL’IMMAGINE

In Italia non esistono più scrittori e poeti? In molti oggi la pensano così. In realtà il problema non è che scrittori e poeti non esistono più, ma che hanno deciso di dare forfait. Walter Siti è un’eccezione. Siti è tra i pochi esponenti di una «letteratura civile», e non perché sia il curatore delle opere complete di Pier Paolo Pasolini nei Meridiani. Anche il suo nuovo romanzo Autopsia dell’ossessione, da oggi in libreria per Mondadori (pagg. 312, euro 19), dimostra come egli sia lontano mille miglia dalla melassa narrativa italiana.
L’ultimo romanzo della trilogia iniziata con Troppi Paradisi (Einaudi) e Il Contagio (Mondadori) ha le potenzialità del capolavoro: autentico nel raccontare la finzione, vero nel descrivere come le nostre esistenze siano state stravolte da una «strategia della finzione» più letale della già troppo raccontata «strategia della tensione». Ecco perché in tutti i suoi romanzi Siti smaschera la fiction attraverso la fiction. Qui stanno la sua bravura e la sua originalità. Non si erge super partes, come Antonio Scurati; non gioca a fare l’incomprensibile incompreso come Antonio Moresco; non gioca a fare il genio, come Aldo Busi.
Per venire alla trama, il protagonista di questo nuovo romanzo è Danilo Pulvirenti, un dandy postmoderno: maledetto quanto basta per non sfigurare in società, un dannato di facciata che nasconde più di un segreto. Ricco e maturo antiquario romano, è un erotomane, quello che oggi chiamano un sex addicted: un uomo che ama guardare e fotografare i suoi modelli estemporanei in pose e in pratiche sadomaso. Questa è la sua ossessione. In un continuo alternarsi di presente e passato, Siti ci racconta la storia di una società in cui l’oggetto del desiderio sessuale non è l’uomo (o la donna) ma la sua immagine. Perché come scrive la pittrice sudafricana Marlene Dumas: «Guardare le immagini non ci conduce alla verità, ci conduce alla tentazione».
Per questo il protagonista del romanzo è ossessionato dal sadomasochismo. Lontano dalla riduzione del sesso «a un’idraulica idiota che si distingue per inerzia», il sadomaso è «un modo contorto di arrivare alla pace dei sensi». Perché «il sesso non è tutto ma il resto è ancora peggio».
Danilo Pulvirenti vive di ossessioni. Secondo lui «Ratzinger è il male: non il teologo raffinato e coraggiosamente inattuale ma il detestabile professore sessuofobo, probabile criptochecca lui stesso». Malgrado le frasi dissacratorie, riproduzioni di luoghi comuni, c’è molta «religione» in Siti. E la religione del suo tempo è quella che si rivela nell’estremo: dai mantra della patinata superficie televisiva sino alle catacombe più oscure dell’orgia sacrificale. C’è molto erotismo, un erotismo così estremo da essere paradossalmente tutto fuorché pornografia. Autopsia dell’ossessione è un romanzo che eccita sensi e intelletto, che scuote le coscienze e gli istinti. Un romanzo che non lascia tracce ma lividi. Nella mente e nel cuore del lettore. Siti rappresenta il male (e il far male) nella convinzione che oggi, sempre più, è attraverso il male estremo che possiamo davvero imparare.
La passione è «un guerriero che muore giovane» e l’ossessione «un vecchio parassita deciso a sopravvivere ad ogni costo». La nostra è l’età delle ossessioni. Gli asili nido, le scuole, le cabine elettorali simili a peep-show, le autostrade, gli stadi comunali. Il nostro quotidiano non è più nemmeno, per citare Artaud, un «teatro della crudeltà» come potrebbe apparire, ma la messa in onda dell’ignoranza, della fuga, dell’idiozia nei palinsesti delle nostre vite. Ci divertiamo da morire. E questo basta. D’altro canto tutti siamo pronti a combattere con un Grande Fratello, con l’Oppressore, ma chi è disposto veramente a remare controcorrente nell’oceano del divertimento?
Il romanzo di Walter Siti è un distillato di prosa e poesia, di ribellione sociale senza vittimismi, una molotov d’inchiostro lanciata nello stagno dei salotti intellettuali. Ma è soprattutto un romanzo con l’andamento, il passo e il respiro di un classico. A eccezione di qualche sbavatura, ad esempio le troppe tentazioni gergali o i tanti giovanilismi forzati soprattutto nei dialoghi, Autopsia dell’ossessione è senza dubbio uno dei migliori romanzi dell’anno.


Per una volta, capita sempre più raramente, il prezzo da pagare per leggere il libro non è quello di copertina. Ma giorni e giorni trascorsi a vivere con in testa non un’idea ossessiva ma un’Autopsia dell’ossessione.

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