L’autunno di Padoa-Schioppa il tecnico bocciato dai tecnici

Il responsabile dell’Economia incassa il doppio schiaffo poi rilancia: «La loro è solo una decisione politica»

da Roma

Per un momento, dopo il secondo downgrading di giornata, alla Camera qualcuno ha pensato: stavolta si dimette. Qualcun altro, come Maurizio Sacconi, lo ha pure detto esplicitamente. Ma l’eventualità si è smaterializzata nel giro di qualche minuto, giusto il tempo di leggere sugli schermi delle agenzie il commento alla doppia retrocessione: «Noto gli apprezzamenti che accompagnano la valutazione di Fitch sulla manovra. Non entro nel merito del giudizio politico che sostanzia il comunicato di Standard & Poor’s». Come Jack La Motta al Madison Square Garden, Tommaso Padoa-Schioppa ha resistito a un micidiale «uno-due» restando in piedi, e palesandosi come uno dei più formidabili incassatori sul ring di via XX Settembre.
Questo non significa che la faccenda sia stata priva di conseguenze. All’incontro serale con imprenditori e sindacati, a qualcuno dei presenti il ministro dell’Economia è apparso provato dietro una maschera d’imperturbabilità. Ne aveva motivo. Se due delle tre maggiori agenzie di rating internazionali abbassano il voto sull’affidabilità di un Paese, e lo fanno in base alla legge finanziaria, è già un duro colpo per un ministro dell’Economia «politico»; ma se poi il ministro è «tecnico», la bocciatura fa ancora più male. Ma pubblicamente Tps regge la botta. Anzi, accusando Standard & Poor’s di aver fatto una valutazione politica, e non tecnica, cerca di ribaltare i ruoli. Che poi un’agenzia internazionale di rating che tiene d’occhio i bilanci di quasi tutti i Paesi, dall’Argentina allo Zambia, prenda decisioni in base a interessi politici è cosa tutta da dimostrare.
«La Finanziaria corregge i conti», e tanto basti alle agenzie di rating, dice Padoa-Schioppa. Non ricorda che pochi mesi fa, lo stesso responsabile di S&P che ha motivato la retrocessione, Moritz Kraemer, aveva avvertito il governo italiano: «L’aggiustamento dei conti è necessario, ma non è in realtà il problema chiave. Il taglio del rating può essere evitato, ma con scelte risolutive: i problemi strutturali non possono essere risolti con aggiustamenti di breve periodo». Kraemer aveva, allora, definito «una buona scelta» quella di affidare il dicastero dell’Economia all’ex banchiere della Bce: «Ha la giusta reputazione». Ieri, il giudizio è radicalmente mutato: «La Finanziaria ha tradito gli impegni del Dpef».


Qualcuno, con un po’ di malizia, ricorda che Tps non si è certo guadagnato il favore dei controllori internazionali quando, un paio di settimane fa a Lussemburgo, ha detto: «Siamo tranquilli sul giudizio delle agenzie di rating, anche se si accorgono con grande ritardo di che cosa succede nel Paese, e a volte alzano il giudizio quando le cose vanno male e lo abbassano quando incominciano ad andare bene». I «ragazzotti delle agenzie» - definizione dell’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio - forse, stavolta, hanno preso cappello.

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