L’avvocato: «Il suicidio di Mauro Bronchi poteva essere evitato»

L’uomo aveva chiesto di essere trasferito dal carcere in un ospedale psichiatrico

«Questo suicidio poteva essere evitato. In questa storia da oggi ci sono due morti. E i responsabili della fine di Alice sono ancora liberi». Ne è convinto l’avvocato Fabio Federico, difensore di Mauro Bronchi, l’uomo trovato impiccato nella sua cella di Rebibbia. I consulenti del legale, i criminologi Francesco Bruno e Bruno Calabrese, avevano chiesto il regime di massima sorveglianza. «Il 13 settembre ho presentato un’istanza - continua Federico - ripetendo che c’era la fondata possibilità che Bronchi potesse compiere atti di autolesionismo». Lo stesso Bronchi chiese di essere trasferito in un ospedale psichiatrico. Accusato di omicidio volontario aggravato, nel 2001 era stato considerato seminfermo di mente nell’ambito di un procedimento per maltrattamenti nei confronti dell’ex moglie. Per l’avvocato, Bronchi sarebbe stato incapace di intendere e di volere anche all’epoca del delitto della piccola Alice, la figlia della convivente, avvenuto il 2 luglio scorso. Non solo. Bronchi proprio oggi avrebbe dovuto effettuare una «ricognizione» in relazione a una presunta aggressione che lo stesso Bronchi aveva denunciato alla vicedirettrice del carcere romano.

L’autopsia dovrà stabilire se vi fossero lesioni pregresse al decesso. Ossia stabilire l’esistenza di eventuali fratture, abrasioni sul corpo del detenuto. Tutte circostanze che, se confermate, potrebbero aprire scenari diversi per l’indagine.

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