Non è ancora ben chiaro come si assesterà la politica italiana e in questo contesto quale ruolo sceglieranno Pier Ferdinando Casini e lUdc. Una sola cosa è però assodata: se il leader di un piccolo partito fa dello sfruttamento delle piccole opportunità la tattica principale, se governa per dieci anni con la Lega e poi questa diventa il «nemico principale», se mette davanti a tutto la difesa dei diritti della «vita» e poi sceglie come candidato presidente per una regione come il Piemonte Mercedes Bresso, se impone il ritorno a una qualche forma di proporzionale e poi insorge contro lesito della legge proporzionale «ottenuta», se questo è il suo stile di comportamento, questo leader di piccolo partito tutto potrà fare tranne che lamentarsi perché una parte dei suoi soci sceglie altre opportunità. Potrà, certo, contestare le scelte sulla base della convenienza politica, mai però accampando superiorità morali (io sono il Cristo, tu sei un Giuda) negate dalle stesse ragioni fondanti una ditta per esempio come lUdc.
Viviamo tempi in cui non sarebbe male che crescesse la coscienza etica degli uomini impegnati in politica: tutto il trafficare in case e appartamenti di cui si discute in un caso o in un altro, richiamano lattenzione sul problema.
Ma al di là della moralità dei politici, cè un problema di moralità della politica in sé: della funzione che la politica deve esercitare in una società libera come quella italiana. A mio avviso le basi della moralità della politica poggiano su due elementi fondamentali: chi rappresento e come esprimo questa rappresentanza rispetto alla questione centrale di una politica democratica cioè il governo della nazione. Fare politica in una società che ha superato la guerra civile virtuale che dal 1914 al 1989 ha segnato il Vecchio continente, significa «pensarsi» come forza di governo o come forza di opposizione che si prepara a diventare governo. In questo sta il massimo della moralità della politica perché chi esercita un mandato parlamentare offre a chi lo elegge un patto verificabile.
Da noi questa regola che domina di fatto il gioco politico degli stati dellUnione europea è disturbata dal sopravvivere delle varie nomenclature della Prima repubblica, postcomuniste, postfasciste, postdemocristiane, che hanno perso la continuità con la loro storia e spesso anche con le basi sociali sulle quali poggiava questa storia, ma hanno mantenuto una funzione di attrattività elettorale come ceto politico dotato delle tecnicalità per interloquire con questo o quel settore di opinione pubblica (e in qualche caso di clientela). Tutto ciò è stato determinato dal fatto che la rottura della continuità tra Prima e Seconda repubblica è stata gestita più da un potere improprio come la magistratura che dalla politica democratica stessa. Siccome dalla realtà non si può sfuggire, dobbiamo dare per scontato che il sistema subirà ancora una qualche frizione tra resistenza più o meno residuale delle nomenclature e laffermarsi di regole coerenti con il funzionamento di una società democratica avanzata. Armiamoci di pazienza e gestiamo questa transizione.
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