«Con le lampade fatte a mano riesco a battere anche i cinesi»

Un’imprenditrice racconta la sua storia: «In due anni fatturato raddoppiato. Il mio segreto? Qualità e innovazione»

Tre milioni di visitatori previsti, i 37 ristoranti presi d’assalto, aumentati fino a 115mila i metri quadrati di esposizione, 97 Paesi stranieri presenti, 2.400 imprese (500 delle quali lombarde) provenienti da tutta Italia: le cifre dell’Artigiano in Fiera (aperto fino a domenica) stanno «sbaragliando» le edizioni precedenti. Tanta gente nei padiglioni della «vecchia» Fiera per fare shopping, occasione davvero irripetibile prima di Natale e quattro storie da raccontare in mezzo, precedenza a un’artigiana di 43 anni che costruisce e disegna interni di armadi su misura nel suo laboratorio di Porta Vittoria in via Archimede.
Maria Pompea Rossini nel suo studio-laboratorio produce oltre trecento articoli di complemento d’arredo e fornisce le più importanti concessionarie di camper dell’intero territorio nazionale. Tessuti e materiali impiegati sono cotone e derivati della plastica con una tecnica di lavorazione di trapuntatura molto accurata. La sua impresa la dirige da venticinque anni, il mestiere l’ha imparato dal padre alla cui esperienza ha aggiunto la sua passione per il design. Oggi fattura 100mila euro l’anno e per battere la crisi personalizza e diversifica i prodotti artigianali con un alto livello di lavorazione: «La concorrenza con i prodotti fatti in serie a poco prezzo si batte con la qualità - spiega -. E poi affidabilità, puntualità nelle consegne e un prodotto che deve durare nel tempo». Un buon esempio che funziona.
Una storia simile a quella di Mariangela Gatti, imprenditrice quarantunenne della ceramica, che abbatte la concorrenza cinese esportando addirittura a Hong Kong. Lampade, vasi, porta gioie e diffusori per essenze, il suo made in Italy è molto apprezzato: «I cinesi esigono il marchio made in Italy sui miei prodotti - rivela - e chiedono sempre che siano firmati». La sua impresa è in espansione, il fatturato di 70mila euro l’anno è raddoppiato nel giro di due anni, la mossa vincente è stata l’innovazione dei materiali che usa, le sue lampade sono caratterizzate da inserti in vetrofusione che lavora a mano.
L’arte povera di Luigi Lolli e Giampietro Mantova invece è quasi geniale: i due recuperano legno vecchio e lo trasformano in mobili di prestigio su richiesta dei clienti. Il loro laboratorio è a Dongo in provincia di Como, la loro è anche ricerca meticolosa, come quando hanno recuperato il pavimento di un palazzo del 1600 di Salisburgo dal quale hanno costruito un tavolo di 60 centimetri per due metri, esposto in questi giorni. Altro loro punto fermo è riprodurre lo stile del periodo del legno che recuperano, lasciando così autenticità ai loro lavori. Girano l’Europa e raccattano tutto quanto ritengono riutilizzabile, Croazia, Ungheria sono le mete preferite. La famiglia di Luigi Lolli lavora il legno da 150 anni, il padre Mansueto ha iniziato a fare il falegname subito dopo la guerra e Luigi lo ha seguito interrompendo gli studi dopo la quinta elementare a 11 anni. Oggi, 58 anni e ancora molta passione, esporta e espone in Germania, Austria e Svizzera.
Ultima storia, quella di Dario Austoni, artigiano che ha iniziato per hobby, si è fatto prendere la mano e ha trasformato la vecchia impresa di assemblaggi meccanici in «griffe» di design. Oggi realizza complementi di arredo solo su ordinazione, la sua produzione è in pelle ed ecopelle serigrafata, in tessuto, cavallino e madreperla: sedie, tavoli, specchi, lampade. Sono tutti pezzi unici in centinaia di colori differenti.

Un cambio di attività che gli sta fruttando un fatturato di 250mila euro annui. Storie diverse e alla fine simili che spiegano come l’Artigianato in Fiera sia un’opportunità di internazionalizzazione per le imprese lombarde, italiane e ormai di tutto il mondo.

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