Lavoro e Pari opportunità Italia ferma agli ultimi posti

Nel 1805, rimasta vedova, prese le redini dell’azienda di famiglia e si mise a girare il mondo per promuovere il suo champagne, ottenendo un grande successo. Oggi in suo nome la Maison premia quelle donne che, oltre due secoli dopo, fanno rivivere con le loro storie quell’audacia, quella lungimiranza e quella creatività. È il Premio Veuve Clicquot, assegnato quest’anno a Pina Amarelli, presidente dell’omonima azienda, leader mondiale nella produzione della liquirizia. Un riconoscimento che in Italia vale il doppio, considerando quanto emerso dal convegno che ha preceduto la premiazione: «Le donne e il mercato del lavoro. Ci sono pari opportunità?». La risposta è un no secco. Nel nostro Paese le differenze nell’accesso al mercato del lavoro sono molto più marcate che nel resto d’Europa. Non solo: secondo un’indagine del World Economic Forum, su 115 nazioni, l’Italia sarebbe all’87° posto, superata anche da diversi «Paesi in via di sviluppo». Per quanto riguarda le differenze retributive il dato è meno sconfortante: a parità di mansioni non ci sono differenze nel settore pubblico, mentre le donne guadagnano «solo» il 10 per cento in meno nel privato. Il problema vero sta a monte: la probabilità di accesso al mercato per le signore è del 45%, contro un 70% per gli uomini. I dati assumono una valenza ancora più negativa considerando che il sesso «debole» è più qualificato: le donne si laureano di più, più in fretta e con i risultati più alti.

Il cambiamento, ha concluso il convegno, deve partire da una considerazione: le politiche per le pari opportunità non devono essere lette come un intervento «sociale» ma come una scelta d’efficienza che, come dimostrano diversi studi, avrebbe ripercussioni positive sulla crescita del Pil.

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