
«“Leucemia? Io?”. Nella mente solo tre dati. Telethon e la maratona per la ricerca, i banchetti con le stelle di Natale, e i bambini senza capelli che credevo venissero alla luce tristemente già affetti. Mi rendo conto di non sapere per niente cos’è questa malattia».
In viaggio con Lulù di Giovanna Bottaro (Apogeo Editore, pagg. 256, euro 15) è senz’altro la cronaca intima di una metamorfosi: le cure chemioterapiche che trasformano il corpo, la chioma che scompare, il sistema immunitario che crolla, uno degli occhi che smette per sempre di percepire i colori del mondo. Ma se fosse solo questo non rimarrebbe impresso nel lettore così a lungo, poiché, purtroppo, di storie drammatiche di malattia ce ne sono tante.
Questo romanzo è autofiction, la storia di una donna di potere, discreta ma influente, con un compagno devoto e una rete familiare solida. Una donna che sembrava aver conquistato tutto, psicologa clinica formata all’Università patavina, aveva scalato i vertici della politica veneziana diventando il braccio destro di figure di spicco come l’europarlamentare Paolo Costa e dal 2010 l’ombra fidata del sindaco Giorgio Orsoni. È un romanzo di certezze ribaltate, di prestigio cancellato: mentre Giovanna lottava per la sopravvivenza, Venezia sprofondava nello scandalo delle «grandi opere » legato ai fondi neri del Mose. Per questo In viaggio con Lulù è un romanzo importante: perché è la storia di molti crolli: fisico, psicologico, personale, professionale, spirituale (perché Giovanna si arrabbia con Dio e poi impara a bussare di nuovo alla sua porta).
È la storia di una donna che di fronte a sentenze che paiono inappellabili, decide di riscriversi per deviarne il corso: per sopportare l’agonia, respingere la disperazione, dirigere la rabbia solo contro il male. Fino all’assoluto di un regalo, il midollo, che le restituisce futuro, vita. E voglia infinita di abbracciare non solo quel donatore anonimo, ma ogni ordinario compagno di battaglia, ogni giorno.