"Così Augusto Del Noce ha reso attuale l’inattuale"

Lo scienziato sociale Luciano Lanna nel suo saggio racconta il pensiero del grande filosofo: "Ha difeso la libertà"

"Così Augusto Del Noce ha reso attuale l’inattuale"

In Tramonto o eclissi dei valori tradizionali? , Ugo Spirito interpreta la modernità occidentale attraverso la metafora dell’eclisse, descrivendo una società che sembra orientarsi verso il post-umanesimo. Per Del Noce, invece, l’esito tecnicistico non è affatto scontato. Questa è, infatti, una delle tesi sviluppate da Luciano Lanna nel libro, Attraversare la modernità. Il pensiero inattuale di Augusto Del Noce (edito da Cantagalli; presentazione domenica prossima al Circolo dei lettori di Torino nell’ambito del festival Radici). «Del Noce era consapevole sia del carattere non rettilineo della storia sia della compresenza di diverse prospettive di sviluppo nella medesima fase storica» dice Lanna.

Una visione plurale della modernità...

«A suo dire nessun evento storico va idealizzato o concepito come una necessità. Avendo metabolizzato e fatto proprio il pensiero dell’antistoricista Charles Renouvier, Del Noce ricorre alla nozione di “ucronia”, ipotizzando il processo storico non come una linea retta e progressiva ma come un albero da più rami. Di questi non tutti si sono espressi storicamente. Tutti hanno però potenzialità non meno reali dei fatti avvenuti ma, anche se restano inespresse, non per questo sono false o impossibili».

Linee di espressioni possibili, ma anche imprevedibili...

«La modernità non è un Moloch a una dimensione ma un orizzonte sfaccettato. Il totalitarismo, il nichilismo, il disincanto, la tecnocrazia non sono un destino irreversibile. Tenendo presente che sempre il corso storico può prendere altre strade rispetto a quelle già tracciate».

È per questo che titolo e sottotitolo del suo libro suonano quasi come un ossimoro?

«Se non concepiamo la modernità come un destino o come uno scenario deterministicamente inteso la si può solo “attraversare”, sulla base di una accettazione aperta e tragica della sua prospettiva. Se i progressisti la vedono come il percorso obbligato verso il miglioramento e i tradizionalisti, rovesciandone il segno, come una continua discesa dal bel tempo che fu, Del Noce – ucronicamente – accetta la sfida del presente storico».

E perché inattuale?

«Questo approccio non può che muoversi in un orizzonte di inattualità, nel senso di uno sguardo in grado di fornire una prematurità anticipatrice all’interno del proprio tempo. Una capacità, in altre parole, in grado di operare nella realtà “attraversandola”, facendosene carico senza farsene dominare»

Perciò fuori anche dai nostri abituali schemi politici?

«Il pensatore inattuale, in quanto tale, sta fuori dalle ideologie, oltre le etichette di destra e sinistra, oltre il discrimine fede/laicità. L’inattuale sta nella contraddizione e attraversa la contraddizione stessa».

Lei, tuttavia, lo descrive nella doppia veste di intellettuale e di filosofo.

«Nel libro parlo, a proposito del pensatore torinese, di “via editoriale alla metapolitica”. Del Noce fu il promotore, grazie al suo allievo Alfredo Cattabiani, e alla collaborazione di Elémire Zolla, di due iniziative editoriali, come le Edizioni Borla e poi la Rusconi degli anni ’70, che contribuirono a introdurre in Italia autori e filoni alternativi alla cultura egemone fino a quegli anni, di stampo storicista, nelle due varianti crociana e gramsciana, oppure neoilluminista o neopositivista».

Fu grazie a lui che Simone Weil venne pubblicata...

«Ma a lui si deve anche la pubblicazione di Florenskij, Guénon, Sedlmayr, Heschel, Voegelin, Cristina Campo, Tolkien».

Impegno che lo portò ad essere escluso a lungo dal dibattito filosofico?

«Sì, io parlo di impegno metapolitico, quello di un pensatore in grado di uscire consapevolmente dal circuito accademico per misurarsi con le forze in campo nell’accadere degli eventi. Del Noce fu instancabile, sin dagli anni giovanili, a scrivere sui giornali e sui periodici, ad animare riviste. E anche per questo arrivò tardi, a 53 anni, ad avere una cattedra in università».

Inattuale, fuori dagli schemi e, sotto certi aspetti, anche destabilizzante. Se il marxismo aveva «secolarizzato la trascendenza divina», Del Noce notava anche il cedimento dei cattolici, che, nel tentativo di modernizzare il loro approccio ai processi sociali e alle questioni etiche, si erano «adeguati al mondo invece di contestarlo».

«Un processo che, infatti, lo portò nell’ultimo decennio di vita a individuare una forte sintonia con don Luigi Giussani, col movimento di Comunione e liberazione, che arrivò a definire “l’autocritica del mondo cattolico”, e con il settimanale Il Sabato ».

Già prima della caduta del Muro nel 1989, aveva previsto l’espansione dell’edonismo e l’affermarsi dell’ateismo di massa, nonostante entrambi fossero radicati in valori di libertà economica e diritti individuali condivisi da tutti.

«Non a caso l’ultimo articolo d’argomento filosofico da lui pubblicato fu la critica a La fine della storia di Fukuyama. Vale la pena citarne un intero passo: “La nuova società sarà caratterizzata da un’assolutizzazione dell’economico, che assorbirà ogni altro valore. Se il marxismo, che si presentava come l’acme della modernità, ha concluso nel totalitarismo, il post-moderno occidentalista ha il destino di cadere nel suo opposto, nell’alimento del sentimento del nulla”».

Se la tradizione è da concepire come una forza sempre viva, capace di trasmettere un’eredità alle generazioni future, quali sono i presupposti che continuano a sfuggirci o che fraintendiamo?

«L’essenza positiva del Moderno, per Del Noce, si radica nella libertà dell’uomo, una fiducia che trova conferma nelle sue ultime parole, pronunciate nel dicembre del 1989: “Ora che è in via di

esaurimento, il ciclo rivoluzionario si svela non un processo irreversibile, come avevano ritenuto sia i progressisti che i tradizionalisti, ma un processo storico reversibile, contro cui è dunque possibile combattere” ».

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