"Darwin spiega la pandemia meglio di chiunque altro"

L’autore di "Spillover" David Quammen racconta il grande scienziato. "L’ho studiato per vent’anni prima di scrivere di virus"

"Darwin spiega la pandemia meglio di chiunque altro"

Prima di raccontare al mondo che cosa fosse uno spillover, ovvero la trasmissione di un patogeno da una specie animale all’uomo, e di annunciare quindi la pandemia da Covid del 2019 con anni di anticipo, David Quammen si è occupato a lungo di Charles Darwin. E infatti, mentre chiacchieriamo, dagli scaffali della sua casa in Montana ogni tanto prende un libro dello scienziato inglese, lo sfoglia e ne legge una frase.

L’origine delle specie, ovviamente; ma anche L’origine dell’uomo e la selezione sessuale, L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali e il volume dei suoi «taccuini segreti», quelli scritti fra il 1837 e il 1839, appena tornato dai suoi «quattro anni, nove mesi e cinque giorni» trascorsi a bordo del Beagle, che avrebbero cambiato per sempre il modo in cui guardiamo noi stessi. Il Darwin di David Quammen - un «ritratto privato», dice il sottotitolo- è L’evoluzionista riluttante, un libro del 2006 che torna in una nuova edizione per Cortina, con l’introduzione di Telmo Pievani.

David Quammen, qui ci sono le basi dei suoi lavori sui virus, da Spillover a Il cuore selvaggio della natura?

«Sì, tutto quello che ho scritto sui virus e le infezioni animali ha i suoi fondamenti nell’ecologia e nella biologia evoluzionistica di Darwin: l’ho studiato per vent’anni, prima di scrivere di virus. E ho capito che le domande che avevo in testa - da dove arrivano i virus?, come si trasmettono alle persone?, come accade che un virus che vive in un topo o in un pipistrello o chissà dove infetti l’uomo in modo così drammatico? - avevano le risposte nei suoi lavori.
Tutto deriva da lì».

Qual è la prospettiva di questo «ritratto privato»?

«Il libro è nato per una collana di biografie brevi. Così ho scelto di non raccontare la storia dei cinque anni sul Beagle e di cominciare dopo, quando Darwin torna a casa, nel 1836, con tutta l’esperienza accumulata, gli appunti presi, le specie raccolte e, chiuso in una stanza, trasforma tutto ciò in qualcosa che abbia un senso per il mondo intero e comprende come funziona la natura stessa».

Com’è il suo Darwin?

«È un uomo decisamente conservatore, che si ritrova a portare il fardello di idee profondamente radicali; ma che è così onesto nei confronti della natura da non potere fare altro che presentare queste idee al mondo. Ecco perché la riluttanza».

In che cosa consiste?

«Il primo peso, per lui, è sapere che la sua idea, che la natura abbia creato le specie, e non un atto divino, una volta presentata al mondo, sarà minacciosa per le persone pie e religiose; persone che per lui sono importanti, come la moglie Emma, che ama moltissimo, o i membri dell’establishment universitario, in cui si è formato. E ritarda per vent’anni la presentazione di questa idea: le prime tracce della sua formulazione risalgono già agli anni del Beagle; ma aspetta fino al 1859 a pubblicare il suo libro, perché vuole essere sicuro che il suo sia un edificio grandioso per capacità di persuasione e prove».

Che cosa fa in questi vent’anni?

«Fra le altre cose lavora per otto anni alla riorganizzazione della tassonomia dei cirripedi.
Perché? Perché, sosteneva, nessuno può dirsi titolato a parlare dell’origine delle specie se prima non abbia esaminato che cosa siano le specie stesse e non si sia occupato meticolosamente della questione di dove finisca una specie e ne inizi un’altra».

L’origine delle specie è il primo bestseller scientifico?

«Curiosamente, il primo era stato un volume uscito quindici anni prima: si intitolava Vestiges of the Natural History of Creation ed era un libro di pessima scienza, pieno di miti e idee confuse. E questo rese Darwin ancora più riluttante, perché lui voleva che il suo libro fosse pieno di elementi e argomenti solidi...».

Che cosa scriveva Darwin nei taccuini segreti?

«Uno è sulla geologia; negli altri quattro annota letture, osservazioni, speculazioni mentre cerca risposte alla sua domanda sulla “trasmutazione delle specie”. Lui usa la parola “trasmutazione”, e non “evoluzione”. La parola “evoluzione” appare nell’ultima riga dell’Origine delle specie. E da quel momento in poi tutti parleranno di evoluzione».

E i virus che cosa c’entrano?

«Darwin non ne aveva mai sentito parlare, ma i suoi libri descrivono anche come cambiano i virus. Quasi tutto quello che ha scritto dell’evoluzione è vero e ha individuato i suoi principi più importanti, inclusi quelli in base ai quali i virus vivono e mutano, ovvero attraverso la selezione naturale. Le varianti del Covid sono forme di virus che hanno avuto più successo di altre. Darwin spiega la pandemia da Covid-19 meglio di chiunque altro. E anche il cancro».

Il cancro?

«Il diavolo della Tasmania è stato devastato da un cancro contagioso, qualcosa ritenuto impossibile: lo studio da vent’anni e ho appena finito la prima versione di un libro che uscirà l’anno prossimo, che ne racconta l’evoluzione».

Siamo tutti «interconnessi in un’unica rete»?

«È una delle implicazioni più importanti, pericolose e sfidanti dell’evoluzione: gli uomini sono animali, non separati bensì parte del mondo naturale. Un’idea a cui Darwin si limita ad alludere, perché troppo provocatoria, da cui deriva un mondo in cui tutte le creature sono interconnesse».

Che uomo era Darwin?

«Tutt’altro che perfetto, ma affascinante. Era umile, fedele, pieno di immaginazione, meticoloso, molto paziente e gentile. Era un lavoratore solerte e diligente e uno scienziato onesto e rigoroso. Ed era interessato a tutto».

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