Letteratura

"Ho fatto il solletico al cielo", la storia del piccolo Federico che scala le grandi montagne

Un "baby scalatore": Federico Tomasi, che a soli 12 anni ha realizzato un'impresa unica, raggiungere la vetta del Monte Bianco. Da questa sua avventura, accompagnato dal maestro Matteo Faletti, è nato un libro: "Ho fatto il solletico al cielo - Il sogno della montagna" (Electa Junior), che racconta quest'avventura e le grandi emozioni provate

"Ho fatto il solletico al cielo", la storia del piccolo Federico che scala le grandi montagne

Era il 25 giugno del 2022 quando, tutti i quotidiani italiani parlavano dell'impresa eccezionale di un ragazzino di appena 12 anni, Federico Tomasi, che con soli pochi giorni di preparazione è arrivato sulla cima del tetto d’Europa, il Monte Bianco, dopo aver scalato l'estate prima il Cervino. Ben 4810 metri scalati in otto ore, un ottimo tempo anche per un adulto, figurarsi per un ragazzino minuto come lui. Un'avventura unica, vissuta insieme al suo maestro, l'esperta guida alpina Matteo Faletti, che Federico ha poi raccontato in un libro a due voci: è nato così Ho fatto il solletico al cielo- Il sogno della montagna (ElectaJunior). Un libro in cui un sogno si realizza passo dopo passo, e due persone, anche con una grande differenza d'età, sono diventate grandi amici grazie all'amore per la montagna.

Cosa si prova a fare "Solletico al cielo" quali sono le emozioni, le paure che si hanno a 12 anni, e cosa significa amare la montagna e aiutare qualcuno a raggiungere un desiderio che sembra quasi impossibile? Tutto questo e molto di più in un racconto delicato, che emoziona e mostra quanto la volontà sia importante per raggiungere le "grandi vette della vita", ma soprattutto, che nessuna di questa è raggiungibile senza l'aiuto di un amico.

Leggendo il suo libro, si nota non solo una passione, ma un vero e proprio amore per la montagna, da dove è nato?

"Vado in montagna sia d’estate che in inverno quando scio. La passione per le escursioni è nata 4 anni fa in una delle tante gite con i miei genitori. Un po' perché mi sono reso conto di riuscire a salire velocemente e senza fatica, un po' perché mi è piaciuto davvero tanto trovarmi in alto e guardare tutto ciò che c’era sotto".

Perché scalare una montagna, invece magari di praticare altri sport?

"In realtà scio e anche parecchio. Pratico agonismo anche se sono un po' penalizzato dal mio fisico, non particolarmente massiccio. Questa mia caratteristica però, si è trasformata in un grande vantaggio in estate, quando faccio escursioni 'ferrate' (scalate di montagna facilitate con l'aggancio di moschettoni ancorati alla roccia, ndr) e arrampicate (quest’ultima attività per adesso solo con la guida). Per scalare la montagna essere minuti, veloci e agili è fondamentale. Ci sono tante ragioni per cui ho deciso con grande passione di scalare le montagne. Fare esercizio fisico in un ambiente all'aria aperta è sicuramente più piacevole di una palestra, raggiungere un obiettivo che sembra impossibile migliorandosi sempre e in ultimo la cosa più affascinante: trovarsi in cima a veri e propri 'simboli' come mi è capitato sul Monviso (simbolo del Piemonte) sul Cervino (montagna famosa in tutto il mondo) o sul il Monte Bianco (chiamato tetto d’Europa)".

Cosa significa per lei che è così giovane poter scalare una montagna?

"Molto. L’idea di riuscire a raggiungere obiettivi che mettono in difficoltà a volte anche gli adulti, mi dà grande soddisfazione e una forte spinta emotiva".

Come diceva prima, ha un bel numero di montagne scalate, tra cui il Cervino, e il Monte Bianco. Non hai mai avuto paura?

"La paura del vuoto sinceramente no, perché dopo tante ferrate dove si rimane appesi a grandi altezze, ormai ci sono abituato. Ho solo avuto timore di avere qualche problema per l'altitudine. In effetti sul Monte Bianco ho avuto un po' di mal di testa".

Nelle otto ore ghiacciate che ha impiegato per la scalata al Monte Bianco, a cosa pensava?

"A tante cose; principalmente a farcela, ma anche ai piedi che si stavano congelando, ai crepacci e a cosa stesse facendo la mia famiglia e se era preoccupata per me. Otto ore sono davvero tante".

Era pronto anche a non farcela? Magari ad ammettere con se stesso che la montagna era più forte di lei?

"Sul Cervino no, ero abbastanza sicuro che ci sarei riuscito. Invece sul Monte Bianco ero preoccupato, non avevo mai camminato cosi tanto e con un dislivello di quasi duemila metri tutto su ghiacciaio. In effetti non ero affatto sicuro di farcela".

Come si è sentito una volta raggiunta la vetta? Che emozioni ha provato?

"Un grande orgoglio per esserci riuscito. È stata una gioia infinita, anche se la stanchezza e il freddo si facevano sentire. Poi una volta sceso, ho compreso appieno questa grande felicità e quello che ero riuscito a fare".

Il suo libro è scritto a due mani insieme al suo maestro Matteo Faletti che l'ha accompagnato nell'impresa. Cosa le ha insegnato?

"A seguire senza paura i miei sogni, a crederci e a non mollare. Questo principalmente sul lato emotivo, ma mi ha anche insegnato tantissime nozioni tecniche che non conoscevo e che quando scali una montagna sono indispensabili".

La sua prossima impresa?

"Quest’estate vorrei raggiungere il Gran Paradiso e la Punta Dufur (che è la più alta del Monte Rosa, la seconda delle Alpi dopo il Monte Bianco). Però sono un po' preoccupato perché ho gli esami di terza media e per studiare non ho ancora iniziato gli allenamenti.

Ma non demordo, ci terrei tanto a farlo".

Ho fatto il solletico al cielo

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