"La libreria tra due fiumi", il romanzo "salvifico" di Alice Prina

Si chiama "La Libreria tra due fiumi" (Piemme), il primo romanzo della scrittrice Alice Prina. Una storia di grande rinascita che celebra l'importanza dei libri e la loro grande capacità di creare legami e anche di guarire

La scrittrice Alice Prina
La scrittrice Alice Prina

È un continuo altalenare di emozioni La Libreria tra Due Fiumi (Piemme), il romanzo d'esordio di Alice Prina, la scrittrice e insegnante che da sempre ha creduto e "toccato con mano", il potere salvifico dei libri. Non a caso la sua famiglia ha fondato la storica casa editrice milanese Studio Editoriale, permettendole fin da piccola, di avere un approccio alla lettura profondo.

Nel suo romanzo, toni leggeri, che regalano quasi un respiro, si mescolano a parti in cui il dolore, il ricordo e i legami, creano situazioni da cui sembra difficile uscire, ma che proprio attraverso questi forti sentimenti, regalano quella forza ai personaggi e quello spiraglio di luce e speranza che rende il suo romanzo un bellissimo viaggio di rinascita e di ricerca della felicità.

La storia parte proprio da una libreria che due amiche, Greta e Sophie, hanno aperto coronando il loro sogno. Sophie però si ammala, e nel giro di pochi mesi scompare. Greta si trova a dover badare a Lena, la figlia adolescente dell’amica, e agli affari della libreria, che vanno decisamente meno bene del previsto. Senza Sophie, la sua roccia, il mondo sembra sgretolarsi e Lena, chiusa nel suo dolore, non ha intenzione di accettare una nuova madre. Saranno proprio i libri e quei romanzi che avevano "salvato la vita" a Greta, che farà trovare davanti alla porta della camera di Lena, a creare un dialogo quasi muto ma profondo tra le due.

Un romanzo, quello della Prina, da cui sarà impossibile staccarsi, che toccherà i sentimenti più profondi del lettore -quelli che partono da "molto lontano" - che ne "uscirà" profondamente cambiato, in quella sorta di guarigione che solo i libri, più di ogni altra cosa, sa regalare a chi li ama.

Le separazioni, i legami spezzati e non risolti sono quelli che creano i traumi più forti nelle persone. Perché lei nel suo romanzo d’esordio ha deciso di affrontare questi argomenti?

"Perché secondo me in ognuno di noi è nascosto il bambino o la bambina che siamo stati e questa presenza è molto più importante di quanto vorremmo ammettere. Mi ricordo che entrambe le mie nonne, alla fine della loro vita, ci raccontavano aneddoti sulla loro infanzia e ci parlavano dei loro genitori, mentre prima i loro racconti erano focalizzati su figli e nipoti. Mi hanno sempre affascinato le storie che raccontano di adulti, spesso anziani, costretti ad affrontare i traumi dell’infanzia e a fare i conti con la paura dell’abbandono. Nel mio romanzo, la lunga separazione di Catena dalla sua bambina (Erminia) è ispirata a una storia vera che mi è stata raccontata molto tempo fa. Questa storia mi è rimasta in mente per anni e poi un giorno ho sentito il bisogno di raccontarne una parte".

Descrive in maniera eccezionale le più profonde emozioni dei protagonisti, dove ha attinto a questa diversità di sensazioni?

"Mi fa molto piacere ricevere questo complimento perché scrivere il romanzo è stato difficile anche emotivamente: mi sono calata nei personaggi a tal punto che a volte mi sembrava di vivere in prima persona le loro emozioni. C’è una scena in particolare, quella del dialogo “muto” tra la vecchia Agnès e suo figlio, che in fase di stesura mi ha fatto scendere più di una lacrima. Credo di aver attinto questa diversità di sensazioni dalle mie letture, dalle emozioni vissute dai personaggi che ho letto e amato. E mi piace pensare che abbia contribuito anche l’empatia che nella vita reale mi capita spesso di provare nei confronti di perfetti estranei (caratteristica che non sempre è d’aiuto)".

Secondo lei il dolore è qualcosa di necessario alla rinascita delle persone e nella ricerca della via della felicità?

"Purtroppo sì. Mi dispiace rispondere positivamente a questa domanda ma è proprio quello che penso. Però aggiungerei che soffrire non basta, il dolore in sé non è l’elemento che permette di crescere, di rinascere: bisogna riconoscerlo e accoglierlo. Greta, la protagonista del mio romanzo, si è sempre sentita inadeguata e si è abituata a fare affidamento ad altri (il compagno, la socia, la zia) in quasi tutto. Non ha mai imparato ad amare, non si è mai sentita amata, e ne ha sempre sofferto. Questo dolore che lei non riconosce è inutile, di certo non l’aiuta. Invece la situazione dolorosa che è costretta ad affrontare con Lena, la mette di fronte a un bivio e le permette di immaginare una rinascita. Un giorno mi hanno chiesto se, mentre scrivevo, il personaggio di Greta mi avesse implorato di procurarle meno dolore. Ho risposto di no: Greta mi ha ringraziato".

La cosa che mi ha colpito molto è il suo aver sperimentato vari ambiti dei legami, quello con la madre, ma anche con le amiche ed eredità antiche come quelle della bisnonna. Ognuno di questi ha sfumature diverse, ma secondo lei hanno tutti una stessa radice?

"Sì, secondo me i legami sono fondamentali nella costruzione di ogni individuo. E non solo quelli di sangue, anzi. La radice comune è il bisogno di amare, secondo me più forte ancora del bisogno di essere amati. Senza scomodare Dante e l’ultimo verso del Paradiso, aggiungerei che può sembrare una banalità ma l’amore è essenziale: da soli non si va da nessuna parte. Chiamo ‘amore’ la spinta che ci lega gli uni agli altri in senso lato. Ogni volta che nella mia vita o in quella di chi mi circonda un legame si sfalda, come purtroppo succede spesso, mi rimane un profondo senso di amarezza. E sono convinta che la società individualistica nella quale viviamo ha ormai mostrato di essere arrivata al capolinea. Bisogna costruire a partire da quello che ci lega gli uni agli altri e superare le barriere. Un legame particolare è poi quello con chi ci ha preceduti, anche conoscere le proprie radici è importante. Forse questa è una delle ragioni per cui mi è sempre piaciuta la Storia".


Ha parlato del potere salvifico dei libri, qualcosa di desueto nel nostro vivere così social. Come le parole secondo lei possono lenire le ferite. C’è stato un libro che a lei ha “salvato la vita”?

"I libri hanno lo straordinario potere di farci sentire parte di un tutto. Quando ci accorgiamo che le nostre emozioni (soprattutto quelle negative) sono universali, ci sentiamo meno soli e meno colpevoli. Il senso di colpa è il peggior nemico dell’equilibrio mentale, secondo me. Le storie scritte fanno parte di quell’insieme di legami di cui parlavo prima: anche la letteratura ci lega gli uni agli altri. Non c’è un solo libro che mi abbia “salvato la vita” ma ce ne sono alcuni che sono stati fondamentali e mi hanno aiutata ad accettarmi, a conoscermi e a crescere. Si tratta di libri che ho letto da giovanissima. Il primo è 'Le avventure di Tom Sawyer' di Mark Twain, letto quando avevo l’età del protagonista: l’emozione provata nel leggere di Tom che, deluso e arrabbiato, immagina il proprio funerale mi ha accompagnata per anni, proprio perché anche a me era capitato di avere pensieri simili. Il secondo è 'Il visconte dimezzato' di Italo Calvino, trovato mentre curiosavo nello scaffale a casa di mia nonna e divorato in un giorno: stavo entrando nella difficile età dell’adolescenza e quel romanzo mi ha aiutata a capire l’ambivalenza dei sentimenti che provavo e ad accettare la mia parte oscura. Da adulta, invece, il romanzo che mi ha “salvata” è 'L’arte della gioia' di Goliarda Sapienza. Sono certa che se non avessi conosciuto il personaggio di Modesta, ora non sarei la stessa persona".


Nel suo romanzo c’è anche la dimensione del viaggio, dello spostamento e della ricerca quanto queste dimensioni sono importanti nella crescita delle persone?

"Ho lasciato l’Italia più di venti anni fa, ho vissuto prima in Bretagna e poi a Lione e ho imparato talmente tanto dal confronto con realtà diverse da quella di partenza che mi sono sempre chiesta, anche con un pizzico di invidia però, come sia la vita di chi nasce, cresce, e vive sempre nella stessa città, addirittura nello stesso quartiere. Immagino che ci si confronti con il diverso da sé anche senza spostarsi fisicamente, ma credo profondamente nella dimensione essenziale del viaggio in un perscorso di crescita perché si possono capire le situazioni in cui si è immersi solo prendendone le distanze, guardandole da lontano. Per Greta il trasferimento in un altro paese è quasi una fuga, ma nella nuova città rimane impatanata in una situazione di stallo. Saranno i continui spostamenti tra Lione, Milano e Parigi, e la ricerca di risposte alle sue tante domande, a permetterle di prendere le distanze e liberarsi dai condizionamenti".


Lei è un’insegnante se dovesse spiegare alle giovani generazioni l’importanza della lettura, dei libri e di quanto questi possano essere una via, cosa direbbe?

"Il percorso più interessante nella vita, ma anche il più difficile, è la conoscenza di sé. Imparare a conoscersi e a volersi bene, accettandosi, è una sfida difficile ma stimolante. La lettura è una delle strade da percorrere in questo senso, proprio per il confronto con le storie altrui in cui ci si può riconoscere. I libri sono uno specchio in cui riflettersi e per questo sono fondamentali. Ai giovani dico sempre che non è vero che l’adolescenza è una bella età, che coloro che rimpiangono la spensieratezza di quegli anni, secondo me, hanno dimenticato quanto fossero difficili.

E la più grande difficoltà consiste proprio nel fatto che è un’età piena di trasformazioni. Però ci sono soluzioni per aiutarsi nei periodi di grandi cambiamenti e leggere è una di queste, perché ci mette a confronto con sentimenti e reazioni che forse non avremmo immaginato di avere e ci permette di esplorare dimensioni emotive che magari ignoriamo. Leggere ci aiuta a conoscerci meglio. Terminerei con una nota positiva: i giovani di oggi, anche se noi abbiamo l’impressione di vederli sempre davanti a uno schermo, leggono più di quanto potremmo immaginare.

E aggiungerei che per noi era più facile leggere, quando le distrazioni erano minime. Ecco, io nutro una profonda ammirazione per quei ragazzi e quelle ragazze che, nonostante il richiamo degli schermi, riescono a ritagliarsi del tempo per leggere un libro".

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