Letteratura

Halloween, la paura raccontata a misura di ragazzi

Più dei video in rete o dei film spesso troppo violenti, un libro risulta il modo migliore per i più piccoli per approcciarsi alla paura, sentimento da cui sono attratti. La festa di Halloween ne è un esempio

Halloween, la paura raccontata a misura di ragazzi

La leggenda racconta che la festa di Halloween nasca da una tradizione antica la festa di Samhain, una sorta di capodanno celtico che durava un'intera settimana durante la quale, secondo le credenze dell'epoca, il mondo terreno e quello dell'aldilà potevano incontrarsi. Nel corso dei secoli però questa motivazione iniziale ha cambiato aspetto, diventando, soprattutto nel nostro Paese, una sorta di carnevale dell'horror in cui protagonisti sono soprattutto i bambini, desiderosi di costumi sanguinolenti e spaventosi con cui girare per le case e chiedere: "Dolcetto o scherzetto". Mettendo però da parte il lato più divertente, qual è il rapporto che i più piccoli hanno con la paura e l'horror?

Bambini e paura un legame molto stretto

Solitamente ne sono molto attratti, ma allo stesso modo anche terrorizzati perché rappresenta un ignoto potenzialmente pericoloso. Per questo, anche secondo il parere di molti psicologi, i genitori devono saper "accompagnare" in questo desiderio di ricerca i più piccoli, senza lasciare che sia la rete o i film a gestirla.

La scelta migliore è quella di approcciare con la lettura che possa intrigare i ragazzi con un sapore creepy, ma riuscire allo stesso modo a gestire la paura. Uno dei libri più consigliati è quello del Dottor Stranamorte, alter ego, di uno dei più importanti autori italiani anche per bambini, oltre ad essere un grande appassionato e studioso di casi fuori dall'ordinario.

I racconti del terrore... "controllato"

Dalla sua penna, è nato Una zucca color sangue (ElectaJunior), che racconta la storia di cinque compagni di classe che si trovano in aula prima dell’inizio delle lezioni e per passare il tempo iniziano a raccontarsi delle storie di paura a cavallo tra fantasia e realtà. Una sorta di leggende metropolitane che vanno dallo spirito di una ragazza bullizzata o di un ascensore che conduce ad una realtà parallela o ancora di particolari bambini dagli occhi neri. Storie molto note su Internet che lette riescono a far scindere la realtà dalla fantasia. Come racconta l'autore nella nostra intervista.

I bambini sono attirati dalla paura, ma anche spaventati, come ha equilibrato le sue storie per gestire queste due parti?

"Il fatto che i racconti facciano riferimento ad alcune storie creepypasta – cioè leggende metropolitane che si sono diffuse su internet – crea già un territorio di sicurezza, perché parte dal presupposto che fantasia e realtà siano mescolate. I giovani lettori sono quindi liberi di “tarare” la loro paura credendo a quello che ritengono opportuno".

A chi è indirizzato?

"A ragazzi dai 10 ai 14 anni ai quali piacciono le storie di paura un po’ particolari".

Dove ha trovato le storie che ha raccontato e quale è stato il suo criterio di scelta?

"Come ho detto provengono dall’immaginario creepypasta, un termine che ormai indica ogni contenuto horror diventato virale su internet. Il personaggio più conosciuto è sicuramente Slender Man, che nel 2014 è stato anche oggetto di un caso di cronaca nera quando a Waukesha, Wisconsin, due ragazze hanno attirato un’amica in un bosco e l’hanno pugnalata nel tentativo di diventare “proxy”, cioè persone sotto l’influenza, o il controllo, di Slender Man. Questo personaggio però, anche perché famoso e quindi già oggetto di varie narrazioni, non compare nel libro. La mia idea era quella di partire da alcuni di questi spunti e svilupparli in veri e propri racconti, dandogli soprattutto un finale, cosa che quasi sempre manca.

Quindi ho scelto le idee che trovavo più interessanti e che avevano maggiore possibilità di essere sviluppate: la combinazione di tasti che conduce un ascensore in una realtà parallela; lo spirito della ragazza bullizzata che appare nei bagni di una scuola; il numero di telefono che esaudisce qualunque desiderio (ma pretende un tributo di sangue); il videogioco maledetto; la pagina Wikipedia che predice il futuro e altre.

Qual è la sottotrama del libro?

"Il giorno di Halloween cinque compagni di classe si trovano in aula prima dell’inizio delle lezioni. Per passare il tempo iniziano a raccontarsi delle storie di paura a cavallo tra fantasia e realtà. Ne raccontano due a testa. A un certo punto si rendono conto che l’orario d’inizio è passato da un pezzo ma in classe ci sono solo loro. Così iniziano a girare per l’edificio e incontrano un bidello, uno strano bidello che non hanno mai visto prima. Sarà proprio lui a raccontare l’undicesima e ultima storia: Una zucca color sangue. Nel finale, poi, i ragazzi scopriranno la terribile verità sul bidello, ma ovviamente non voglio spoilerare".

Quanto è importante raccontare ai bambini determinate realtà anche se sono mescolate alla fantasia?

"Penso che sia molto importante trattarli in qualche modo alla pari. Anche perché sono esposti alla realtà in maniera sempre più decisa. Per esempio, io tengo dei laboratori di scrittura nelle scuole medie (no, non dirò mai “secondarie di primo grado”) e ultimamente mi sono reso conto che questi ragazzi, almeno quelli di terza, sono quasi tutti appassionati di true crime, una cosa impensabile fino a qualche tempo fa".

La superstizione fa parte della realtà o è solo una verità un po’ gonfiata?

"La superstizione si insinua nella realtà, come è possibile vedere in queste storie, che hanno un fondo di verità e si sviluppano quasi sempre partendo da fatti realmente accaduti. Poi, ovviamente, il passaparola le amplifica, a volte a dismisura. Per esempio il primo racconto si chiama 'L’avvelenatore di dolcetti 'e fa riferimento a un’idea piuttosto diffusa: quella che qualcuno metta sostanze avvelenate, o lamette, nei dolciumi che vengono distribuiti durante il famoso “Trick or treat?”.

Nel 1985 due sociologi americani analizzarono una novantina di storie di questo tipo a partire dal 1958. E scoprirono che quasi tutti gli episodi erano falsi. Solo due erano realmente accaduti. Il primo nel 1970, quando un bambino di 5 anni morì per aver ingerito dell’eroina detenuta da suo zio, e la famiglia cercò di proteggersi dichiarando che la droga era stata messa da sconosciuti nei dolcetti di Halloween; l’altro nel 1974, quando Timothy O’Bryan, un bimbo di otto anni, ingerì una caramella avvelenata al cianuro. Le indagini portarono a incolpare il padre, che aveva appena stipulato una polizza sulla vita per i figli. L’uomo fu giustiziato nel 1984".

Perché lei mantiene l’anonimato?

"Ho fatto diversi lavori di scrittura rimanendo dietro le quinte: sono stato autore radiofonico e televisivo, ho scritto biografie di personaggi famosi e negli ultimi anni ho realizzato alcuni libri, soprattutto per ragazzi, insieme a youtuber e influencer. Quindi la decisione di non apparire con il mio nome mi è sembrata in qualche modo naturale. In più mi piaceva l’idea di dare vita a questo personaggio, il Dottor Stranamorte, che in fondo è una specie di alter ego, visto che sono da sempre un appassionato non solo di horror ma anche di curiosità e stranezze".

Ha avuto delle “piccole cavie” che hanno letto le sue storie prima di pubblicarle?

"Sì, ho una piccola cavia personale che utilizzo da qualche tempo con soddisfazione. È mio figlio adolescente, al quale sottopongo in anteprima idee e scritture.

Nonostante la parentela, se qualcosa non gli piace, non ha certo paura di dirmelo".

Una zucca color sangue

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