
Se la guerra è un'attività umana complessa, la pace sicuramente lo è di più. Non fosse altro che mentre per scatenare una guerra è sufficiente un aggressore, per costruire, mattone politico dopo mattone politico, una pace servono almeno due parti. Spesso persino una larga cooperazione internazionale. Per riflettere su questo tema può risultare utile il nuovo saggio di Paolo Mieli Il prezzo della pace. Quando finisce una guerra (Rizzoli, pagg. 304, euro 18,50) di cui in questa pagina pubblichiamo per gentile concessione dell'editore un estratto della prefazione.
Il saggio, in realtà un mosaico di «microsaggi» attraversati da un filo rosso si muove erratico tra epoche e contesti geografici. Si passa da Trasibulo (440388 a.C.), il liberatore di Atene che fu presto dimenticato, alla sconfitta dell'eretico Ario (256336 d.C.), alla lotta fratricida che attraversò la Resistenza italiana, il cui episodio più noto fu l'eccidio alla malga di Porzus. Il tutto passando anche da casi storici davvero particolari come quello di Saladino, un vincitore che riuscì a farsi esaltare dai vinti.
Essendo il libro una così ampia planata sulla distesa degli eventi umani, nel cercarne una summa ci si può concentrare su due costanti che regolano «gli equilibri gravitazionali» di tutte le vicende narrate. La prima, essendo all'origine dell'opera, Mieli la estrinseca nella conclusione. Si tratta di una scelta di metodologia storica: essenzialmente mutuata da Renzo De Felice (192996): «Mi ha insegnato spiega Mieli - delle verità rivelate, a mettere in discussione la versione ufficiale degli accadimenti passati. Versione utile a far tornare i conti, a corroborare i giudizi del presente».
L'altra caratteristica è una curiosità onnivora che segue la traccia ciceroniana dell'historia magistra vitae. Maestra di pace? Sin qui non tanto. Ma sicuramente ci ha insegnato come le paci facilmente «si sbaglino».
Soprattutto quando si ha un'idea chiara di come ammazzarsi ma non si è stabilito cosa si vuole dal vivere assieme tra vincitori e vinti - che, inevitabilmente, deve seguire; a meno che non si scelga l'olocausto termonucleare. E anche questo è un bel monito.