Una lezione a chi parlava di propaganda

«È soltanto una mossa propagandistica». Fu questo il giudizio dell’opposizione quando venne annunciato il ricorso ai militari nelle città per rafforzarne la sicurezza.
Come se lo Stato volesse semplicemente «fare la faccia feroce». Ebbene, a Milano presto arriveranno trecento militari e gli effetti si avvertiranno. Questo personale addestrato e preparato a compiti delicati di vigilanza presidierà sedi istituzionali e obiettivi sensibili, liberando da questa incombenza appartenenti alle forze dell’ordine, che potranno così dedicarsi all’attività vera e propria di polizia. Nelle strade del centro e delle periferie, dove maggiormente si avverte il bisogno di controllo e di prevenzione del crimine. In quelle aree trasformate in supermercati a cielo aperto di droga e sesso, nelle vie in cui di notte molti considerano imprudente soffermarsi.
Questa non è propaganda, è efficienza, è un più razionale utilizzo delle risorse umane disponibili. D’altra parte, questo meccanismo era stato già sperimentato nelle regioni del Sud tormentate dalla criminalità organizzata. Anche lì all'inizio non erano mancate le critiche, i catastrofisti d’ordinanza avevano paventato il pericolo della «militarizzazione», poi s’era scoperto che non c’erano né il coprifuoco né ronde armate a controllare i cittadini.


La nostra è una democrazia solida e l’esperienza dovrebbe avere insegnato a tutti che dei ragazzi con le stellette non c'è da aver paura. Le esigenze della polemica politica non possono modificare la realtà, né caricarla di minacce inesistenti. In materia di sicurezza il governo centrale mantiene gli impegni presi con Milano. Ed è questo che conta.

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