
Che cosa abbiamo in comune noi italiani con i giapponesi? A parte la passione per il sushi, ben poco. Non siamo disciplinati, non rispettiamo le code, non poniamo la gentilezza e il rispetto dell'altro sopra ogni cosa, se facessimo una sola settimana di ferie l'anno per il resto saremmo sempre in malattia e, di fronte a un nullafacente, la maggioranza prova ammirazione (e magari invidia), anziché scatenare l'ostracismo e il senso di colpa. Quindi è logico che anche i meccanismi che regolano i premi letterari in Giappone siano completamente diversi da quelli che valgono in Italia. È di pochi giorni fa la notizia che i due principali riconoscimenti del Paese siano andati deserti: non di partecipanti, bensì di vincitori. I giudici del premio Akutagawa (assegnato agli esordienti per opere brevi o di media lunghezza, pubblicate su riviste o giornali) e del Naoki (riservato a giovani autori, anche a carriera già avviata, per lavori di narrativa) non hanno infatti ritenuto meritevole nessuno dei libri in concorso. Non che non sia piaciuto nulla, anzi, un paio di opere avevano superato un primo turno di votazioni dell'Akutagawa, ma poi il comitato non era convinto. Come ha spiegato il Japan Times (ripreso in Italia da Rivista Studio) "non spingevano abbastanza" e insomma, per la giurata e scrittrice Hiromi Kawakami è stata "una delusione" non poter scegliere un vincitore. Del resto, capita. Solo in Giappone, ovviamente: 33 volte e 30 rispettivamente, nella storia dell'Akutagawa e del Naoki, istituiti nel 1935; era però dal 1998 che non accadeva in contemporanea. Quindi era pure già successo... Va detto che i premi sono assegnati due volte l'anno, ma sicuramente una frequenza raddoppiata, dalle nostre parti, non inficerebbe affatto la possibilità di trovare un degno vincitore, anzi, sarebbe l'ennesima occasione per ribadire l'ovvio, cioè la certezza preventiva della vittoria. Per dire: i nomi degli autori che hanno conquistato lo Strega e il Viareggio di quest'anno, al di là dei meriti dei vincitori, erano già sicuri da mesi, e non ci sono state sorprese. Non ci sono state giurie che abbiano decretato: abbiamo letto trecento romanzi, e non ne abbiamo scovato uno buono abbastanza. Che i giapponesi siano eccessivamente pretenziosi? Può darsi che il perfezionismo nazionale pesi.
Eppure non sono così schizzinosi, se lo scorso anno l'Akutagawa è stato assegnato a Tokyo Sympathy Tower di Rie Qudan, la quale ha poi ammesso di avere usato ChatGpt per editare un parte del testo. Meglio premiare una Ia decente che un umano indecente, dicono dall'Estremo oriente. Meglio premiare, premiare, premiare, e solo chi abbiamo già deciso, diciamo qua...