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Birra ecologica? Quella a base di acqua di fogna riciclata

La notizia della vendita di una birra ecologica a base di acqua di fogna riciclata è divenuta virale scatenando la caccia all’acquisto e registrando il sold out nei ristoranti di Singapore. Vi spieghiamo l’importanza dell’acqua nella produzione della birra

Birra ecologica? Quella a base di acqua di fogna riciclata

Trasformare l’acqua della fogna in birra ecologica. Un miracolo della tecnologia moderna che in prima battuta potrebbe suonare ripugnante.

In realtà sono cose che succedono a Singapore, patria produttrice della NEWbrew, così si chiama la birra prodotta con le acque scure che scorrono nei sotterranei della città.

E la notizia, raccontata da Bloomberg Business nella sua sezione sull’ecologia “greener living”, ha fatto il giro del mondo, suscitando scalpore, l’ilarità e la curiosità del pubblico che ha decretato il sold out del prodotto nei ristoranti e sugli scaffali dei supermercati.

E la cosa ha lasciato tutti di stucco anche perché l’ingrediente principale della birra (oltre il 90%) è proprio l’acqua.

Che i mastri birrai pretendono abbia determinate qualità e non possa essere un’acqua qualunque, perché il sapore di cloro conferirebbe alla bevanda il classico “gusto di medicina”.

Inoltre l'acqua deve essere inodore, insapore e microbiologicamete pura, deve avere speciali caratteristiche di durezza con un Ph specifico (che gli addetti ai lavori possono anche correggere) adatto alla tipologia di birra che si vuole produrre.

Parrebbe un’eresia, raccontata così, che il luppolo, il malto e i lieviti si uniscano in matrimonio con un’acqua proveniente dai liquidi di rifiuto.

In realtà, la NEWwater (così si chiama l’acqua che proviene dalla fogna) che è usata per produrre la NEWbrew è riciclata, purificata e per essere imbottigliata deve essere certificata come potabile.

Con l’aiuto di una moderna tecnologia che si avvale di raggi ultra violetti viene disinfettata e filtrata attraverso delle membrane che rimuovono batteri, micro particelle ed ogni sostanza contaminante rendendola adatta al consumo, pura e buona.

Tutti possono tirare un sospiro (e un sorso) di sollievo.

E più che una trovata di marketing per far parlare di sé, l’uso in un birrificio di quest’acqua “speciale” metterebbe a nudo il grave problema di carenza di risorse idriche che attanaglia da tempo la città di Singapore.

E in realtà NEWbrew non è sola nella sua iniziativa: aziende svedesi e canadesi si sono cimentate nello stesso progetto.

Ancora prematuro per i puristi amanti di una trappiste o appassionati di Ipa desiderare con l’acquolina in bocca una birra prodotta con acque di fogna purificate.

Meglio non saperlo” ha affermato un utente non proprio convinto su un post di Instagram.

Probabilmente dopo i primi sorsi mi convincerei a berla” ha dichiarato ironicamente un altro.

Le lattine colorate della Newbrew, con impresse immagini vacanziere che ritraggono affascinanti figure femminili impegnate in selfie od occupate a catturare con la macchina fotografica paesaggi tropicali, ammiccano al pubblico dei millennials. La società ha dichiarato che se le vendite andranno bene, si metterà a produrre un nuovo lotto.

NEWbrew secondo il produttore ha l’obiettivo di educare gli abitanti di Singapore sull’importanza dell’uso sostenibile dell’acqua e del suo riciclo.

Ma l’attualissimo spesso cavalcato (e a volte abusato) valore della sostenibilità, qui, a ben vedere, non nasce da un mero intento ecologico, piuttosto si inserisce in una crisi idrica che costringe Singapore al riciclo delle proprie acque.

Anche per questo motivo altri birrifici nel mondo stanno portando avanti esperimenti per produrre birra con acqua di mare (è il caso dell’italiana Acquamaris) o piovana come per l' olandese Hemelswater.

Il vero problema è che l'industria birraria, utilizzando un enorme quantitativo di acqua ( per produrre un bicchiere di birra da 250 ml ci vogliono 74 litri di acqua), difficilmente potrà essere insignita della medaglia d’oro della sostenibilità.

Tanto che lo sguardo di alcuni birrifici si è rivolto verso soluzioni più integrate che mirano concretamente a ridurre l'uso di acqua, oltre il riciclo, collaborando con i produttori di cereali nell'efficientamento dei sistemi di irrigazione, diminuendo banalmente lo spreco interno in azienda usando scope e non canne dell'acqua per ripulire i pavimenti da versamenti di liquidi o attraverso l'interessante possibilità di trasformare gli scarti del lievito di fermentazione e la trebbia (il residuo della lavorazione del malto) in mangimi per gli animali.

Mentre in Italia si dichiara lo stato di emergenza in alcune regioni a causa della siccità e si pianifica la possibilità di rifornirsi di acqua anche da bacini idrici quali i laghi lombardi per irrigare le pianure della valle padana, si fa chiarissmo come ogni settore civile e produttivo, industriale ed alimentare, viva grazie all'acqua.

Ne sanno qualcosa i monaci dell’Abbazia di Rochefort in Belgio -ad oggi vittoriosi- che hanno difeso per 10 anni, votandosi a tutti i Santi e trascinando in tribunale il colosso minerario Lhoist che li osteggiava, il loro diritto già sancito nel 1833 con un atto di condivisione, all’utilizzo della preziosissima fonte di acqua Tridaine per produrre la celeberrima, rara e speciale birra “trappiste” di cui custodiscono i segreti.

E i monaci, con lungimiranza, la loro profezia l’avevano già lanciata all’interno della petizione on line per combattere e far conoscere la loro battaglia: “Più acqua, più birra”, a ricordare che oltre le necessità primarie, anche i piaceri del palato dipendono dalla sua abbondanza, perché non siamo fatti di solo spirito.

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