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Vino all'avocado. Dopo il toast, la nuova ossessione dei millennials?

Negli Stati Uniti il vino all’avocado vorrebbe competere con quello tradizionale e conquistare i millennials che si rivolgono a nuovi prodotti tra ragioni salutistiche e problemi economici. Un’inchiesta analizza il settore vinicolo e il suo rapporto con i giovani

Vino all'avocado. Dopo il toast, la nuova ossessione dei millennials?

I giorni dei vini fatti con l’uva sono finiti”, così un’azienda della Florida presenta il suo “vino tropicale fruttato” prodotto con l’avocado.

E mentre i puristi del settore enologico storcono il naso, nell’ “assolato stato” americano, noto più per le sue spiagge e palme che per la coltivazione della vite (ad eccezione dell’uva moscatina), si sperimentano nuove idee.

Dopo i vini a base di mango, cocco, lychee, ecco quello di avocado partire alla riscossa nella versione dolce o secca, pronto a conquistare i palati, cavalcando la fama trasformista del celebre frutto, diventato un’icona per i millennials di tutto il mondo.

Il suo decollo potrebbe essere facilitato dalla fama che lo precede. Un super food nutriente e salutare, consumato nelle sue innumerevoli versioni, dalla salsa guacamole al celeberrimo, costoso e chiacchieratissimo toast.

Quello che, secondo l’immobiliarista australiano Gurnec, sarebbe il colpevole dell’erosione delle finanze dei millennials, la causa del mancato accumulo dell’anticipo necessario a comprare casa.

Degli spendaccioni irresponsabili alla mercé dell’avocado questi ragazzi che farebbero meglio a condurre una vita più sobria.

Figuriamoci ora che il frutto della discordia si presenta nella sua versione liquida ed alcolica.

Riuscirà il vino all’avocado a conquistarli determinando una nuova mania che li spingerà verso una irrimediabile instabilità economica?

Ovviamente non è tutta colpa dell’avocado ed esistono altre verità.

Negli Stati Uniti alcuni esperti del settore del vino disegnano un profilo dei millennials opposto a quello descritto da Gurnec.

Questi ragazzi sarebbero parsimoniosi consumatori poco propensi a sborsare denaro per il vino.

Tanto da essere diventati un problema.

Da analizzare e correggere secondo Rob Mc Millan, analista del mercato americano del vino e vice presidente e fondatore della Silicon Valley Bank di Santa Clara, in California.

Tante pagine ricche di dati, preoccupazioni e considerazioni compongo il suo rapporto annuale datato 2022, che scruta con la lente di ingrandimento il comportamento della fascia di età che va dai 21 ai 34 anni.

Il più indicativo e allarmante fra tutti, secondo Mc Millan, da leggersi nel risultato di un sondaggio condotto online nel 2021 da Harris Poll per conto di Wine Executive Exchange, su 2000 adulti.

Alla domanda :“Se tu fossi invitato ad una festa e ti fosse chiesto di portare una bevanda alcolica da condividere, quale sarebbe?” Solo il 15% dei ragazzi nella fascia di età tra i 21 e 34 ha risposto vino, contro il 49% degli over 65.

Sul podio i millennials collocano birra, sidro e hard selzer: i veri conquistatori del loro palato (e portafoglio).

E mentre l’inquietudine del settore vinicolo cresce, l’attenzione dei ragazzi si dirige verso nuovi prodotti come le birre artigianali, i cocktails eseguiti con artistico estro dalla instragrammabile estetica, con un rapporto qualità (e quantità) prezzo favorevole.

Secondo lo studio, questi giovani sarebbero orientati verso stili di vita salutisti, si nutrirebbero “solo di ciò che fa bene e non di ciò che non fa male” come facevano i baby boomers loro predecessori e “si sono messi anche a contare le calorie ingerite”, secondo Mc Millan.

E poi sarebbero sensibili alle tematiche ambientali, al packaging ed inclini ad avvicinarsi alle aziende che si mostrano più sostenibili.

Mc Milian allarga lo sguardo dedicando spazio al fenomeno del “nuovo proibizionismo” in ascesa.

Sottolinea la necessità di contrastare i suoi obiettivi, tra cui quello di assimilare il vino al fumo da sigaretta insieme alle richieste di etichette che evidenzino il pericolo per la salute e la possibile connessione con patologie che il suo consumo comporterebbe.

E preconizza con preoccupazione i possibili danni al settore qualora le associazioni promotrici dovessero un giorno vincere la loro battaglia, auspicandosi l'uscita di studi che, contrastando le argomentazioni dei nuovi proibizionisti, mettano in luce gli aspetti positivi del consumo del vino.

In questo scenario, l’avocado mania e il pensiero di poterlo vinificare devono essere sembrati una chiave di volta per smuovere il mercato vinicolo americano tradizionale che qualche problema con i millennials ce l’ha.

Abbiamo chiesto informazioni circa il metodo di vinificazione con cui il vino è prodotto ma non abbiamo ottenuto risposte.

Sappiamo, da ciò che si legge, non avendolo provato che ha una “sua leggera acidità e freschezza rilasciata dagli oli naturali durante la fermentazione”.

L’avocado versione “vino tropicale fruttato” ammicca soprattutto ai ragazzi.

Un frutto “ricco di potassio, vitamina C, B,E, folato, antiossidanti come luteina e zeaxantina che può rallentare i problemi di vista. Che fa bene al cuore, alle ossa ed agisce come antidepressivo” che pretenderebbe di mantenere intatte nel bicchiere anche nella versione alcolica tutte le sue proprietà e sfrutta argomenti che il mondo del vino tradizionale non saprebbe usare così efficacemente per vendere di più.

Ma la verità è che dietro la parsimonia di molti giovani americani, più che le argomentazioni poco convincenti che non li fanno propendere per vini pregiati e costosi, pesino i “debiti degli studenti”, quei prestiti concessi dalle banche per studiare nelle università che gravano come un mutuo su chi, terminati gli studi, deve estinguerli ( la cui cancellazione -mai attuata- era stato uno dei cavalli di battaglia della campagna presidenziale di Biden).

E poi, a corroborare l’idea che non è tutta colpa dell’avocado (vinificato o a fette nel panino) se le loro finanze a pochi zeri rendono l’acquisto della casa un miraggio, ci sono gli elevatissimi prezzi del mercato immobiliare.

Uno studio della BBC ha calcolato che per riuscire a racimolare il deposito (pari al 20%) per l’acquisto di un appartamento di 90 mq fuori dal centro di New York al costo di 606,726 dollari, si dovrebbero tagliare dal proprio menù fino a 12 mila e 135 panini ripieni di guacamole. A riprova che l’avocado dream sta insidiando quello americano.

Millennial avvisato, millennial salvato.

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