Lippi: «Mai avuto procuratori» I Pm: parliamo dopo i mondiali

Tre ore e mezzo di audizione per il tecnico della nazionale ascoltato come testimone: «Ora voglio pensare soltanto all’Italia»

Marcello Di Dio

da Roma

«Lei fa parte della Gea?». La prima domanda dei pm romani Palamara e Palaia arriva subito dopo il caffè preso con il suo avvocato Lattanzi (presente solo a titolo di cortesia) e avrà forse spiazzato Marcello Lippi. Secondo il rapporto dei carabinieri del comando operativo di Roma la risposta dovrebbe essere affermativa. La Gea, attraverso i propri procuratori e quelli affiliati, risulta infatti gestire 29 allenatori. E tra essi c’è anche il ct della Nazionale, gestito attraverso il figlio Davide, circostanza che emerge tra l’altro dall’intercettazione di una telefonata di Alessandro Moggi, presidente della società di procuratori. Nulla di male sul rapporto familiare, un po’ più grave il fatto che si tratta della società più chiacchierata e indagata del momento. «Io assistito da mio figlio Davide? No, mio figlio non mi assiste, non ho mai avuto alcun procuratore...», replica il ct.
Questo sarà uno dei punti che i magistrati romani torneranno a chiarire con Lippi dopo l’avventura mondiale. Ieri infatti nelle tre ore e mezza di audizione (il ct è persona informata sui fatti), i pm si sono basati solo sulle carte arrivate dalla Procura di Torino. Non sono certo mancati i quesiti sul figlio Davide («la mia attività è separata dalla sua», avrebbe risposto Lippi), sui calciatori del giro azzurro (Chiellini, Baiocco i cui contratti furono sequestrati proprio dalla Guardia di finanza nella sede della Gea), sui legami con Luciano Moggi che lui avrebbe ricondotto ad una conoscenza che dura da anni. Il ct della nazionale avrebbe spiegato di aver compiuto le scelte dei convocati solo in base a criteri tecnici e non certo per «familismo» o per «forzature», ricordando ai pm il turnover di oltre 70 calciatori durante la sua gestione. «I giocatori Gea sono meno di dieci e molti sono di valore internazionale. E le decisioni sono state mie, senza timori», avrebbe sottolineato Lippi ai pm. Così è stato, ad esempio, per la scelta di far giocare Totti e Gilardino nella partita con la Bielorussia (se ne parla in una telefonata nella quale l’ex presidente della Figc Carraro inviterebbe Luciano Moggi a dire a Lippi di far giocare i due).
Ma il grosso della sua testimonianza dovrà probabilmente avvenire sulle carte della procura di Napoli. Carte appena ricevute, secondo l’accordo tra le procure di mercoledì scorso, che il procuratore antimafia Roberti ha consegnato al procuratore di Roma Ferrara e che i pm dell’inchiesta leggeranno nel weekend. «Con lei ci rivedremo dopo i Mondiali», il commiato dei magistrati che concedono a Marcello Lippi oltre un mese di tregua (se la rassegna tedesca ci vedrà protagonisti fino al termine). Anche se il suo avvocato Lattanzi ha escluso nuove audizioni. «Sono stato ascoltato come testimone, ho risposto alle domande dei pm. Da questo momento penso solo ed esclusivamente alla nazionale», sono le frasi che un Lippi tranquillo affida a un comunicato della Figc dopo essere passato nel palazzo di via Allegri quasi vuoto - ci sono solo Francesco Ghirelli e il responsabile organizzativo Mauro Vladovich -. La sua posizione di commissario tecnico resta per ora salda e lunedì inizierà il ritiro a Coverciano.
E intanto il Csm compie il suo primo intervento nella vicenda dei magistrati intercettati.

Il procuratore di Pinerolo Giuseppe Marabotto, che in un’intercettazione disposta dalla Procura di Napoli chiedeva a Luciano Moggi un aiuto per un’ispezione in corso nel suo ufficio ordinata dall’allora ministro Castelli, sarà trasferito alla Corte d'appello di Genova con le funzioni di consigliere.

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