Lissner: «Senza autonomia chiudiamo la Scala»

Stephane Lissner suona il requiem per la Scala: «Rischiamo di chiudere». Per essere più efficace il sovrintendente del teatro disegna forse uno scenario «apocalittico», ma dopo un milione e mezzo di euro già sfumati è l’ora dell’ultimatum a l ministro dei Beni culturali Sandro Bondi. A lui si rivolge direttamente per avvertirlo che «il tempo delle parole è finito, ora mi aspetto, anzi pretendo degli atti». Tradotto: il regolamento che darà l’autonomia alla Scala, anche se il suo allarme si allarga ai tagli al Fus, cioè ai finanziamenti statali per la cultura. «Condivido la reazione di lavoratori e sindacati che lottano contro un progetto che non sostiene la cultura - afferma Lissner -, col rischio che diventi una cosa lasciata ai privati».
Da quando il 16 aprile è stato approvato il decreto Bondi, diventato ora legge, Milano è stato teatro degli scontri più accesi, con 8 scioperi che hanno già bloccato gli spettacoli alla Scala, un nuovo stop programmato venerdì e la protesta simbolica dei coristi che due volte si sono presentati sul palco in jeans. Le perdite calcolate ammontano finora a circa 1,5 milioni, senza contare le agitazioni già annunciate che rischiano di far saltare la tournèe della Filarmonica a Pompei e Buenos Aires. Il sovrintendente tenta di evitare la voragine. Ha invitato i sindacati «a presentare le loro proposte sul regolamento. Penso che lo sciopero ora non abbia lo stesso senso di due mesi fa». Il suo obiettivo è che il regolamento prenda atto della specificità della Scala che ora lo Stato non riconosce. «Noi - sottolinea - non c’entriamo niente con gli altri teatri». La Scala ha più pubblico (mezzo milione nel 2009), più spettacoli di altri (319 alzate di sipario) e un bilancio che pesa solo per il 40% sul pubblico. Il finanziamento statale è del 25% su 120 milioni «e il passo successivo - lancia l’allarme - è la privatizzazione».
Certo, al Piermarini di autonomia si era già parlato in passato, anzi era stata scritta nero su bianco sul decreto portato al Consiglio dei Ministri ma poi cancellata. Ed è per questo che il giudizio di Lissner sul provvedimento è tombale: «Alla Scala - dice - ha fatto solo danni». Ora l’apertura del tavolo per scrivere la nuova forma organizzativa, al sovrintendente non basta: Lissner da Bondi vuole anche un impegno formale a «portare il regolamento al Consiglio dei Ministri». Il testo su cui sta lavorando la Scala deve essere approvato dal Cdm e poi venird esaminato dalla conferenza unificata con gli enti locali, dal Consiglio di Stato e dalle commissioni Cultura di Camera e Senato, che hanno sessanta giorni di tempo per dare il loro parere. Altrimenti vale la regola del silenzio-assenso. «Se portasse il regolamento in consiglio alla fine di luglio - semplifica Lissner - il 31 ottobre sarebbe legge.

Se no, il teatro si chiuderà: deve essere chiaro a tutti». Chiusura significa per il sovrintendente non riuscire a mantenere gli standard di qualità, anche se per ora si rifiuta categoricamente di pensare al taglio di qualche produzione l’anno prossimo.

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