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Santi, pirati e miti: Tropea tra storia e leggenda

La storia di Tropea è ricca di miti e leggende: accanto a uno sviluppo tipico nel sud Italia, sono fiorite diverse vicende magiche

Santi, pirati e miti: Tropea tra storia e leggenda

Tropea, in provincia di Vibo Valentia, è forse una delle località balneari più celebri di tutta la Calabria. Nei decenni che vanno dagli anni ’60 a oggi è diventata una meta sempre di maggiore tendenza grazie al suo paesaggio, alle calette suggestive, alle sue spiagge lunghissime, e naturalmente alle bontà enogastronomiche calabresi. La sua storia però è ricca di miti e leggende, a partire dalle presunte origini della sua fondazione.

La nascita mitica di Tropea

Non si conosce con certezza l’origine del nome Tropea. La vulgata già diffusa crede che il nome venga da “trofeo” (tropaeum), ossia dall’omaggio agli dei reso da Scipione l’Africano nel suo ritorno trionfale, appunto, da Cartagine a Roma nel 209 a.C.

Tuttavia esiste una leggenda, secondo cui Tropea sarebbe stata fondata dal mitologico Ercole, approdato sulle coste calabresi durante la ricerca del Vello d’Oro, tanto che c’è chi afferma che in precedenza il nome di Tropea fosse addirittura Portercole.

Tropea

I primi reperti archeologici indicano che la zona fosse abitata fin dal Neolitico. Secondo una leggenda, la popolazione locale rimase a lungo “primitiva”, fino a che, durante una notte di tempesta, un’imbarcazione naufragò sulla spiaggia, recando così uno straniero di bell’aspetto che disse ai suoi soccorritori di essere stato mandato dagli dei. Il personaggio mitologico si chiamava Italo e rimase a Tropea a lungo, insegnando alla popolazione a cacciare, a pescare, a costruire attrezzi capaci di rendere le colture più semplici e produttive. Quando dovette partire, gli abitanti di Tropea decisero che il nome del luogo di cui il loro territorio faceva parte si dovesse chiamare Italia in suo onore.

Quel che è certo è che in epoca immediatamente preimperiale, Tropea iniziò a essere conglobata con Roma, passando successivamente le vicissitudini che furono comuni a tutto il sud Italia. Tra queste c’è sicuramente la dominazione normanna, che ha lasciato sul territorio moltissime testimonianze in termini artistici e architettonici.

Le leggende di Tropea

Tropea

Alcune delle leggende più celebri di Tropea hanno a che fare con il misticismo. Santa Domenica, per esempio, patrona di molti comuni italiani tra cui Scorrano in Puglia, era originaria di Tropea: la martire che subì le persecuzioni degli imperatori Diocleziano e Massimiano era nata infatti in quella che oggi è una cittadina ma ieri era un minuscolo villaggio devoto.

A santa Domenica è dedicata la chiesa locale le cui campane salvarono l’intero villaggio nel periodo delle incursioni dei pirati. Secondo una leggenda infatti, i banditi giunsero nel Golfo di Sant’Eufemia, sequestrando un gruppo di Ciaramiti intenti a festeggiare un matrimonio. Non contenti, i pirati, dopo questa prima razzia, si spostarono a Tropea, ma al loro arrivo, le campane della chiesa iniziarono a suonare nonostante fosse notte, mettendo così in fuga i criminali del mare. Gli abitanti di Tropea scoprirono il miracolo solo il mattino dopo, quando incontrarono i Ciaramiti disorientati sulla spiaggia.

Molto dopo, verso la fine del XV secolo, il borgo fu “toccato” letteralmente da san Francesco di Paola, che lo visitò durante la sua opera di evangelizzazione. Arrivato a Tropea, il religioso indicò agli abitanti dove costruire una chiesa, cosa che in effetti avvenne pochi decenni più tardi. Ma nei pressi del porto ci sono ancora impronte di sandali e zoccoli che, si dice, testimonino il passaggio del santo.

Un altro mito su Tropea riguarda nuovamente i pirati, ma è decisamente molto più cupo. Secondo una vulgata, la chiesa di Santa Maria della Neve avrebbe contenuto il tesoro del mercante Michele Milizia. Durante dei lavori di ristrutturazione tuttavia, i restauratori trovarono in una cripta una sedia con delle corde e dei resti umani. Così nacque la leggenda secondo cui i pirati avrebbero depredato il mercante, murandolo vivo all’interno dell’edificio religioso.

In un’altra versione, i banditi, non riuscendo a trovare il tesoro, lo uccisero in questo modo per vendetta.

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