nostro inviato a Ginevra
Poco più di un anno fa, su indicazione di Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens, secondo quanto risulta al Giornale, a Margherita Agnelli de Pahlen è stata offerta una nuova transazione, prevalentemente in titoli, a integrazione delleredità del padre Gianni pattuita nellaccordo del 18 febbraio 2004. Ma Margherita ha respinto lofferta: non sono i soldi che chiede lunica figlia dellAvvocato Agnelli. Quello che pretende è trasparenza sulla consistenza del patrimonio di suo papà e chiarezza sulla gestione adottata dai due mandatari: Gabetti, presidente della Giovanni Agnelli & C, accomandita per azioni, e della Ifil, e Grande Stevens, legale storico della famiglia. Chiarezza e trasparenza che Margherita ritiene le siano sempre state negate, fin dal 24 gennaio del 2003, giorno della scomparsa del padre.
Per questo, e per tutta una serie di conti che non tornano, da quasi due anni Margherita ha ripreso in mano il dossier sul patrimonio Agnelli, chiedendo e richiedendo a Torino spiegazioni che, a suo dire, non le sono mai state date. Uniniziativa che arriva ora in Tribunale, con latto di citazione presentato laltro ieri a Torino contro Grande Stevens, Gabetti e Siegfried Maron (gestore di Zurigo), nonché nei confronti della madre Donna Marella Caracciolo (indicata giocoforza per questioni procedurali, essendo necessaria la citazione degli altri eredi). Nelle dieci pagine dellatto e nei 24 allegati di cui il Giornale è venuto in possesso, preparati al numero 14 di Cours des Bastions a Ginevra dall'avvocato Charles Poncet dello studio Ziegler, Poncet, Grumbach, Carradrd, Luscher, e presentato in Italia dai legali dello studio milanese di Girolamo Abbatescianni, si ripercorrono i motivi della diatriba. Che da ieri è di nuovo aperta.
Il punto fondamentale è il numero 20 dellatto, nel quale si legge che «...le rinunce in base allaccordo del 18 febbraio 2004... sono nulle perché contrarie a norme imperative». Il riferimento è allintesa con la quale Margherita rinunciava ai suoi diritti sulla Fiat (tramite una quota nella Dicembre società semplice, a cui fa capo il 33% della Giovanni Agnelli & C, primo azionista di Ifi e, a cascata, Ifil e Lingotto) in cambio di attivi mobiliari e immobiliari ritenuti di valore equivalente. Un accordo che consegnava il gruppo industriale nelle mani dei tre figli di primo letto di Margherita, Lapo, Ginevra e soprattutto John Elkann, delfino dellAvvocato. Lasciando alla madre e, in prospettiva, ai 5 figli avuti da Serge de Pahlen, altri beni. Lintesa, dice ora lavvocato Poncet, è nulla perché la legge italiana vieta i patti successori: uneredità non può essere pattuita, è un diritto reale. E Margherita Agnelli vuole sapere in cosa consiste: «Non avendo avuto una completa rappresentazione dellasse ereditario nonostante solleciti recentemente rinnovati - si legge al punto 15 - lerede non è in grado di ricostruire il patrimonio». Nellatto i legali chiedono «il rendiconto del conto relativo alla gestione di tutti i beni di proprietà di Gianni Agnelli», cespite per cespite, con il dettaglio degli atti compiuti «dal 24 gennaio 1993 fino al 24 gennaio 2003, nonché da tale ultima data al momento della resa del conto». Chiedono inoltre che Margherita sia dichiarata «erede del Senatore Giovanni Agnelli» per tutti i beni del rendiconto. In altre parole, in mancanza di chiarezza tutto deve tornare in discussione. Compresa la quota nellaccomandita, dalla quale discende di fatto il controllo della Fiat. Tanto che latto chiede al Tribunale di «dichiarare lo scioglimento della comunione ereditaria mediante assegnazione in proprietà esclusiva... Con obbligo di collazione dei beni».
I lati oscuri riguardano soprattutto lestero, dicono a Ginevra. Ci sono società la cui esistenza è accertata, ma misteriosa. Come la Alkyone Foundation di Vaduz, da cui dipendono società quali la Calamus Trading, la Fima o la Springrest delle British Virgin Islands. E altre «International Company» sempre alle Isole Vergini, quali il Cs Group, Sikestone Invest Corp o Sigma Portfolio Corp.
Marcello Zacché
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