Fu uno scapestrato, ebbe una vita avventurosa, sposò due donne e da bigamo venne cacciato dalla Spagna, suo paese Natale, pur essendo un nobile. Le sue vicissitudini all'epoca fecero tanto rumore che il drammaturgo spagnolo Tirso de Molina (1584-1648), pseudonimo dietro il quale si nascondeva il frate Gabriel Téllez, ne trasse spunto per immortalare la figura del Don Giovanni nel suo «L'ingannatore di Siviglia e convitato di pietra». Ma soprattutto questo discutibile galantuomo si impossessò di tutti gli scritti del suo celebre nonno, Cristoforo Colombo, e li fece sparire da qualche parte in Africa, dove morì.
Pochissimi in Italia conoscono la vita e le peripezie di Luigi Colombo, figlio primogenito di donna Maria de Toledo (cugina del re Ferdinando il Cattolico e nipote del duca d'Alba) e di Diego Colombo, secondo Ammiraglio delle Indie e figlio a sua volta del grande navigatore. A raccontare la storia di questo nipote degenerato di tanto nonno, è Anunciada Colòn de Carvajal, erede diretta di Colombo nonché storica dell'Università della California e segretaria generale della Fondazione Storica Tavera di Madrid.
Il racconto che Anunciada fece durante un congresso cui venne invitata alcuni anni fa in Italia, passò del tutto inosservato. Da noi già si sa poco di Cristoforo Colombo, per cui a nessuno è venuto in mente di approfondire la vita di suo nipote. Un po' come dire che nella storia italiana un Colombo basta e avanza. Eppure, a ben vedere, la storia di Luigi Colombo è davvero interessante. E soprattutto lascia un interrogativo che perdura fino ad oggi: dove sono nascosti i preziosissimi scritti di Cristoforo Colombo?
Seguendo il racconto di Anunciada Colòn de Carvajal, veniamo a sapere che dal 1500 al 1609 l'intero archivio di Cristoforo Colombo è stato custodito gelosamente dai monaci della Certosa di Santa Maria de las Cuevas a Siviglia. Qui, infatti, l'Ammiraglio aveva il suo buon amico frate Gaspar Gorricio con il quale aveva scritto il Libro delle profezie, una raccolta di informazioni sulla Bibbia e sui padri della Chiesa. Fino al 1500 Colombo aveva l'abitudine di portare sempre con sé i suoi documenti, un patrimonio inestimabile dove erano contenuti anni di ricerche, scoperte e delusioni. Ma proprio allora Francisco de Bobadilla, interpretando a suo modo gli ordini del re dal quale era stato inviato nel Nuovo Mondo, fece imprigionare Colombo e suo fratello Bartolomeo, sequestrando loro tutti i beni di famiglia, carte comprese. Proprio per evitare che la cosa si ripetesse, quello stesso anno Colombo portò le sue carte a frate Gaspar Gorricio chiedendogli di custodirle. Anche perché i conventi godevano dell'immunità ecclesiastica e nessuno poteva perquisirli. Dopo la morte del frate, l'archivio venne diviso in due casse, una di ferro e l'altra di noce, che vennero collocate al sicuro nella cappella di Sant'Anna. Qui affluirono anche altri documenti fino al 1536, anno in cui si conclusero le liti legali tra la famiglia Colombo e la Corona spagnola.
Purtroppo, però, un bel giorno al convento si presentò Luigi Colombo e si portò via un bel po' di documenti, tra i quali anche il testamento che il nonno fece nel 1502, poco prima di partire per il suo quarto e ultimo viaggio nel Nuovo Mondo. Questo documento è quanto mai prezioso perché tramite lo scritto che vi era contenuto, l'Ammiraglio istituiva legalmente il Maggiorasco (e cioè la discendenza della famiglia in via esclusivamente maschile) dove si diceva chiaramente «essendo nato a Genova». Anunciada fa notare che le disposizioni del 1502 furono ratificate espressamente con un codicillo dallo stesso Colombo il giorno precedente la sua morte, il 19 maggio del 1506. Ma vediamo che cosa realmente accadde.
Subito dopo la morte di Cristoforo Colombo, re Ferdinando disse al figlio Diego che non voleva rispettare gli accordi economici presi a suo tempo con il padre. Ma esistevano documenti firmati, per cui Diego passò alle vie legali. Al momento doveva accontentarsi dell'amministrazione delle nuove terre e del titolo di Ammiraglio delle Indie. Fu dunque nel pieno di una battaglia legale senza soste che il 24 febbraio 1526 Diego Colombo morì a Montalban, piccolo villaggio di Toledo, dove si era fermato prima di recarsi a Siviglia dove era stato invitato per assistere alle nozze di Carlo V con Isabella del Portogallo.
Rimasta vedova, Maria de Toledo pensò soltanto a crescere i sette figli avuti con Diego, tutti ancora minori, e a portare avanti i processi contro la Corona. Soltanto nel 1536 la questione legale venne risolta con una sentenza arbitrale accettata da entrambe le parti: la Corte spagnola riconosceva all'erede del Maggiorasco, Luigi Colombo, l'Ammiragliato delle Indie, importanti proprietà in America (tra i quali l'isola di Giamaica e lo Stato di Veragua (l'odierno Panama) con i titoli rispettivamente di marchese e di duca, nonché di una consistente rendita annuale in denaro (esente da qualsiasi imposta) considerata, fino alla perdita delle province d'oltremare da parte della Spagna, come il primo debito da parte della Corona spagnola nei riguardi dei Colombo. Famiglia che, già dai tempi di Diego, si era trasferita a Santo Domingo.
Nel 1542 donna Maria de Toledo tornò in Spagna per combinare il matrimonio delle tre figlie Maria, Giovanna e Isabella. In quel periodo Luigi, che aveva 21 anni, si innamorò perdutamente di Maria de Orozco, una bella ragazza che aveva conosciuto in quel frangente, e le promise ufficialmente di sposarla. Ma non aveva fatto i conti con la madre che, vice regina delle Indie, voleva qualcosa di più per il suo Luigi. Per cui, anche se la promessa di matrimonio a quel tempo aveva valore ecclesiastico, per cui di fatto Luigi era sposato a tutti gli effetti con Maria de Orozco, donna Maria ebbe la meglio e si portò via il recalcitrante figlio tornando a Santo Domingo. Non solo: tanto disse e tanto fece che lo obbligò a sposarsi con una donna di cui egli non ne voleva sapere, Maria de Mosquera, che in seguito gli diede due figlie. Per Luigi fu l'inizio di un inferno che durò fino al 1549 quando la madre, finalmente, passò a miglior vita. E lui divenne il capo della famiglia. Pochi giorni dopo aveva già lasciato Santo Domingo abbandonando la moglie e le due figlie, ancora bambine.
Giunto in Spagna, Luigi andò a cercare la sua prima Maria, ma la vita reale non è un romanzo d'amore: venne così a sapere che si era sposata con tale Francisco Castellanos, tesoriere, e si era trasferita con lui in Honduras dove gli aveva dato un sacco di figli. Non l'avrebbe mai più rivista.
Luigi, comunque, si consolò presto con un'altra fidanzata, Ana de Castro, che, dopo aver chiesto la licenza papale, sposò nell'estate del 1554. La licenza arrivò soltanto nel 1555 e quell'anno stesso presentò domanda di divorzio da Maria de Mosquera, ma gli venne rifiutata.
Di fatto, dunque, Luigi si era sposato una prima volta con Maria de Orozco ma il matrimonio era risultato nullo. Si era poi sposato con Maria de Mosquera e questa volta con matrimonio legale. Quindi si era risposato, senza avere ancora ricevuto la licenza papale, in terze nozze con Ana de Castro. E solo a quel punto aveva chiesto il divorzio alla sua seconda moglie. Una vita sentimentale un po burrascosa, dunque. Ma non era finita. Quando Maria de Mosquera si vide arrivare la richiesta di divorzio, si limitò a denunciarlo per bigamia. La sentenza arrivò nel 1565 quando Luigi Colombo, considerato colpevole del reato, venne condannato all'esilio a Orano, in Algeria. E dovette lasciare la Spagna dove non fece mai più ritorno.
Alcuni anni più tardi, tra l'altro, la Chiesa riconobbe la nullità del matrimonio con Maria de Mosquera e lo stesso re spagnolo, Filippo II, concesse il perdono al nipote del grande Ammiraglio delle Indie. Ma era troppo tardi. Stanco e malato per una vita dissoluta, nel 1572 Luigi Colombo morì a Orano all'età di 54 anni.
La domanda è: che fine fece l'archivio di Cristoforo Colombo che il nipote Luigi custodiva con tanta cura? Egli era pienamente consapevole del valore di quelle carte e per tale motivo le portò sempre con sé.
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