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L'ultimo Cobain

In un libro, le interviste che precedono di poco il suicidio del leader dei Nirvana

L'ultimo Cobain

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L'8 aprile 1994 fu trovato, da un elettricista, il cadavere di Kurt Cobain, il giovane uomo che aveva rivoluzionato il mercato musicale. Si era suicidato con un colpo di fucile alla testa e aveva lasciato un biglietto nel quale affermava di non provare niente davanti al successo, alle canzoni, ai libri. Il circo era finito, e lui, che si sentiva un pagliaccio con la chitarra, usciva di scena per sempre a soli 27 anni. Nel 1991, i Nirvana, la band di Cobain, aveva pubblicato Nevermind, un disco suo malgrado rivoluzionario. Le chitarre tornavano in classifica, i sintetizzatori finivano in cantina, una colonna di polvere si abbatteva sul machismo dei gruppi hard rock. Resistevano, della «vecchia» guardia, solo i Guns 'n Roses, nemici per la pelle dei Nirvana. Numerosi i mancati incontri di boxe nei backstage di mezza America, con Axl Rose, il cantante dei Guns, intenzionato a buttar giù tutti i denti a Kurt.

La morte di Cobain fu uno choc per una intera generazione, quella che si affacciava al mondo all'inizio dei Novanta, la cosiddetta Generazione X. La generazione né carne né pesce, né boomer né millenial. Il cranio sfondato di Cobain era una immagine perfetta: nessuno, dei ventenni di allora, credeva di diventare più ricco dei suoi genitori, restare ai margini del mercato era auspicabile, era forte il sospetto che la grande chance di arricchirsi in poco tempo fosse riservata agli smanettoni. Infatti, l'altro tratto distintivo della Generazione X si chiamava personal computer.

Con i Nirvana, il rock era rilevante per l'ultima volta, e il supporto fisico con il quale si consumava la musica era all'ultimo respiro prima di essere soffocato dai file digitali scambiati sulla nascente Rete. Nel 1999 i computer avevano iniziato a lampeggiare tutta la notte mentre scaricavano intere discografie dal sito pirata per eccellenza, il leggendario e amatissimo Napster. Chiuso nel 2001, su iniziativa dei Metallica, giustamente gelosi del copyright, rinacque subito con nomi diversi, e-Mule forse il più famoso. Poi i Metallica ebbero a pentirsene: scambiare file era anche un ottimo strumento di promozione... Era l'alba dello streaming legale e dei servizi come Spotify.

Ritroviamo tutto Kurt Cobain in Territorial Pissings. L'ultima intervista e altre conversazioni (traduzione di Assunta Martinese, minimum fax, pagg. 116, euro 16).

Infanzia infelice a causa del divorzio dei genitori, pochi amici nella piccola Aberdeen, nei boschi non troppo distanti da Seattle, una spiccata propensione per le attività artistiche, l'ascolto prolungato dei Beatles, la scoperta, grazie a un nastro di un amico, del punk dei californiani Black Flag. I Nirvana arrivano subito al successo, prima nella nicchia della musica indipendente dell'etichetta Sub Pop, poi nelle classifiche internazionali. A Kurt non sfugge la contraddizione di voler essere alternativi ma avere in tasca un contratto discografico con la major Geffen.

Cobain: «Quando abbiamo avuto successo, è stato difficile accettarlo. Ma adesso non mi importa più. Non posso farci niente. Non è che adesso faccio un disco di m.... apposta per non vendere». Fatto sta che proprio il primo disco con la Geffen, Nevermind, finisce nella top ten di mezzo mondo. Racconta Cobain che i Nirvana, inizialmente, neppure se ne accorgono. Sono in Europa a suonare quando il disco fa il botto, anche grazie alla potenza del video di Smells Like Teen Spirits trasmesso in rotazione continua da Mtv.

L'intervista più riuscita, tra quelle contenute in Territorial Pissings è quella firmata da Jon Savage. Cobain spiega così il suo peculiare modo di stare davanti al microfono: «Canto quasi sempre dallo stomaco. La musica ha danneggiato il mio corpo in due modi: non solo ho lo stomaco infiammato, ho anche la scoliosi. Io ho sempre mal di schiena. Aggiunge molto dolore alla nostra musica. Davvero. Sono grato al dolore».

Nella discesa agli inferi terminata con una fucilata, ha giocato un ruolo anche il matrimonio disordinato con la diva Courtney Love. Droga e litigi superano spesso il livello di guardia. Una volta arriva la polizia, chiede se ci sono armi e Kurt nega. Gli agenti invece trovano un paio di pistole e un fucile. Cobain va in prigione per qualche ora.

Le cause politiche? Cobain: «Non credo che dovrebbero essere legate alla musica. Nessuno vuole sentire un predicatore».

Amen.

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