Un giorno gli umani sentiranno di essere solo un'idea, qualcosa di artificioso, che non ha più nulla di naturale. Non si accorgeranno che il cielo gli sta cadendo in testa, nell'indifferenza di tutto quello che li circonda. Quando tutto questo accadrà gli umani ritroveranno un tipo di paura che pensavano di aver dimenticato. Quello che puoi fare è solo andare avanti. È una marcia in un paesaggio dove il tempo tende a zero. È L'ultima foresta (Aboca, pagg. 189, euro 16), il romanzo in cui Mauro Garofalo fa i conti con la fuga dall'umano. «I bambini non bevevano latte da quando era esplosa la fabbrica a nord e le mucche si erano ammalate. Ricordava il fumo sporco che usciva dai camini degli enormi fabbricati industriali. Gli scarichi nei torrenti e la schiuma bianca. Quando era tornato ai campi aveva visto il grano crescere grigio, già appassito. Lui stesso non vedeva una lucciola, da quanto?».
Una famiglia che ha perso tutto s'incammina nelle foreste dell'Europa dell'Est nella speranza di trovare salvezza oltre le montagne, dove dovrebbe esserci un campo profughi. La loro fattoria è stata distrutta dalla tempesta, acqua e fango senza via di scampo, ma sono vivi. Maglioni e coperte è «tutto ciò che resta della loro vita fin qui». Un padre, una madre, i tre figli: due ragazzi e una bambina, attraversano i boschi, vagano per i campi, un branco di lupi vuole sfamarsi e sono in agguato i miliziani. Nella fuga si fanno coraggio, resistono, raggiungono un campo ma non è sicuro, proseguono, ma le forze vengono meno, uno dei ragazzi muore. Il dolore è assoluto, ma devono andare avanti, ormai sporchi, distrutti.
È un esodo che va alle radici dell'umanità e trova le parole scavando nell'omonimo libro della Bibbia, solo che qui non ci sono terre promesse e la speranza è un respiro difficile da sentire. È come ritrovarsi nella disperazione dei contadini del Midwest di Steinbeck, solo che qui non c'è tempo e forza per abbandonarsi al furore. I personaggi di Garofalo sembrano destinati alla sconfitta. «Non si tratta di destino. Derelitto non è l'uomo, piuttosto il modo in cui decide di sottostare e obbedire. Davide non sfida Golia». Non lo sfida perché ormai è troppo tardi, il peggio si è compiuto.
La foresta primordiale, Bialoweiza, è alle spalle. Cosa rimane degli antichi boschi? Non c'è più un rifugio. «Le braccia del figlio sono massi davanti all'ultima immagine del padre. L'eco estinta di un mondo migliore. Il suo, in frantumi».
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