«Macché manager superpagato A Brera porterò gente e soldi»

Una bella commedia, a tratti comica, spesso amara. Io, loro e Lara conferma il talento versatile di Carlo Verdone, uno dei pochi autori italiani ancora capace di leggere l’attualità senza per forza volerti imporre lezioni morali (o moralistiche), di farti riflettere col sorriso ma senza giudicarti, di psicanalizzarti ma senza distenderti sul lettino e pretendere di strizzarti il cervello.
Perché, davanti ad un film simile, ci si interroga, si discute confrontandosi con gli amici o in famiglia, si annuisce come se, all’improvviso, la verità ci si parasse, evidente, davanti agli occhi. Stava, in fondo, meglio in Africa Don Carlo (Verdone) sacerdote missionario in crisi di identità che torna a Roma, dalla sua famiglia, per ripensare al suo mandato. Ma qui nessuno è disposto ad ascoltarlo, tutti impegnati a inseguire i propri fantasmi per avere tempo di preoccuparsi degli altri. È un’Italia dove nei condomini non ti perdonano niente e l’intolleranza è arrivata ai massimi livelli (visto che la tolleranza non esiste, o al massimo appare come una lontana chimera, troppo spesso evocata e quasi mai praticata), dove il matrimonio con lo straniero viene visto come un tentativo di frode, dando per scontato che i sentimenti hanno solo un passaporto; dove nelle famiglie si guarda con sospetto alle banalità, senza accorgersi dei problemi grossi che hanno i tuoi figli. Don Carlo si muove in tutto questo bailamme, a volte incredulo e altre indignato scoprendo, giorno dopo giorno, che la vera terra di missione non è lontana dal proprio pianerottolo di casa. Con un finale amaro e pessimista, sul quale molto si è discusso. Intanto, in attesa del fantascientifico e funambolico Avatar, già passato alla storia del cinema come la produzione più costosa di sempre (almeno fino ad oggi), gli amanti del genere si sono presi un piccolo antipasto con Il mondo dei replicanti che in un certo senso si ricollega al film di Verdone.
Qui siamo nel 2054 e gli esseri umani ormai interagiscono con il mondo esterno attraverso degli androidi robotizzati comandati, dal salotto di casa, dalle onde cerebrali. Un omicidio costringerà l’agente Greer (Bruce Willis) a ritornare nel mondo reale. Se il pensiero vi va a Io robot non sbagliate; ma siamo sicuri che tutto questo è solo fantascienza? Liberamente tratto (e con qualche polemica) dal bestseller «L’eleganza del riccio» di Muriel Barbery è Il Riccio. Per chi non avesse letto il libro, è la storia di Renée, una portinaia dall’apparenza dimessa ma dalla grande cultura. Impiegata in un palazzo borghese parigino, la donna si limita a «recitare» lo stereotipo della portiera ignorante per non «turbare» i propri inquilini. Una ragazzina e un condomino giapponese, però, entreranno nella vita della donna, sconvolgendone i riti. Il film è ben recitato, ben sceneggiato, ben diretto.

Cosa volete di più? I più visti a Milano: 1) Io, loro e Lara; 2) Sherlock Holmes; 3) Il riccio; 4) La principessa e il ranocchio; 5) Hachiko; 6) Piovono polpette; 7) Brothers; 8) Soul kitchen; 9) A Serious Man; 10) Natale a Beverly Hills.
maurizio.acerbi@ilgiornale.it

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