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Mafia, il pg: 11 anni a Dell'Utri. Lui: sono stanco

Il politico processato dalla Corte d’Appello di Palermo per concorso in associazione mafiosa. In primo grado aveva avuto 9 anni. Ma la difesa: "Mai dati soldi". E Dell'Utri: "Da 15 anni faccio l'imputato, se mi assolvono lascio la politica"

Mafia, il pg: 11 anni a Dell'Utri. Lui: sono stanco

Palermo - Il procuratore generale di Palermo Nino Gatto ha chiesto la condanna a 11 anni di carcere per il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri. Il politico è sotto processo davanti alla corte d’appello di Palermo per concorso in associazione mafiosa. In primo grado aveva avuto 9 anni. Si è conclusa, dunque, con la richiesta di pena la lunga requisitoria del pg cominciata a settembre e interrotta a novembre per l’esame, a sorpresa, del pentito Gaspare Spatuzza. L’accusa ha chiesto, poi, a marzo, un nuovo stop della requisitoria per l’interrogatorio di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito, ma la corte ha respinto l’istanza dichiarando la testimonianza "non assolutamente necessaria". "Il procuratore generale ci ha aggiunto due anni di interessi, forse perchè dal primo verdetto sono passati 6 anni - ha commentato Dell'Utri - Comunque, questa è la richiesta. Ora aspettiamo la sentenza". Verdetto che dovrebbe arrivare l'11 giugno, quando i giudici entreranno in camera di consiglio. Le arringhe difensive cominceranno il 30 aprile.

La difesa: "Mai dati soldi" "L’avvocato Alessandra De Filippis voleva dei soldi dal senatore Dell’Utri perché aveva anticipato una somma per i funerali del figlio del collaboratore Cirfeta. Ma di fatto Dell’Utri questi soldi non glieli ha mai dati" ha spiegato l’avvocato Giuseppe Di Peri, uno dei difensori di Dell’Utri, replicando al pg Gatto. Secondo l’accusa Dell’Utri avrebbe fatto avere al collaboratore Cirfeta dei soldi con la mediazione dell’avvocato De Filippis. "Effettivamente la De Filippis chiese dei soldi a Dell’Utri - ha ribadito Di Peri - ma il senatore si è rifiutato. Il pg costruisce un’ipotesi accusatoria basandosi su fatti illeciti che non sono nè illeciti nè provati".

Dell'Utri: "In politica per difendermi" "Sono entrato in politica e faccio il parlamentare solo per difendermi dai processi. Se non avessi problemi giudiziaria non lo avrei mai fatto", ha detto Dell’Utri spiegando che "qualora le accuse dovessero cadere sarei disposto a lasciare l’incarico parlamentare". Rispondendo alle domande dei giornalisti Dell’Utri ha aggiunto: "Non mi vergogno affatto nei confronti dei cittadini per quello che ho detto: la gente sa cosa mi succede. Il mio è un processo politico e da questo devo difendermi. Quando cesserà questo attacco non avrò più interesse a fare politica". Il senatore esclude che nei suoi confronti ci sia stato un complotto da parte di magistrati, ma precisa: "In primo grado c’è stata una determinazione assoluta ad ottenere una condanna, spero che in appello le cose possano cambiare". "In questo Paese - ha concluso - viviamo un momento di barbarie assoluta. Se le cose non si aggiustano non so cosa accadrà". In primo grado Dell’Utri è stato condannato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo d’appello è alle battute finale; oggi il procuratore generale Antonio Gatto dovrebbe concludere la sua requisitoria.

La requisitoria I rapporti tra il boss Vittorio Mangano e il premier Silvio Berlusconi, mediati, secondo l’accusa, proprio dal senatore del Pdl Dell’Utri, e la presunta combine dello stesso Dell’Utri per screditare tre pentiti sono stati gli argomenti finali della requisitoria del pg Gatto al processo a carico del parlamentare accusato di concorso in associazione mafiosa. Lunga parte dell’intervento del magistrato si è incentrato sul presunto accordo tra Dell’Utri e il collaboratore di giustizia della Sacra Corona Unita, Cosimo Cirfeta. I due si sarebbero accordati per screditare i tre pentiti siciliani, Onorato, Guglielmini e Di Carlo, che accusarono Dell’Utri nel processo di primo grado.

Per la vicenda il senatore è stato accusato con Cirfeta di calunnia, reato da cui è stato assolto dal tribunale di Palermo.

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