
La nostra insoddisfazione per la squadra che governa Milano è nota e quindi possiamo permetterci di andare oltre. Perché il clamoroso passo dell'inchiesta che da due anni gira attorno allo sviluppo urbanistico di Milano non arresta - nel senso che viene chiesto l'arresto - solo delle persone fisiche, peraltro rispettati professionisti di primissimo piano, bensì arresta l'intera Milano, colpevole di essere simbolo del fare e il più delle volte fare bene e presto, indipendentemente dal colore politico di chi la guida. E lo fa in base a uno dei più bizzarri teoremi assunti a reato che abbia mai sentito, quello di «incontrollata espansione edilizia».
Che vuol dire? Possibile che tutto quel ben di Dio architettonico e ingegneristico che è stato costruito negli ultimi due decenni e che ha proiettato Milano nel gotha delle capitali del mondo, sottraendola a un triste declino, sia venuto su in modo «incontrollato» e quindi criminale? A me questi sembrano matti, criminale è accostare ciò che è avvenuto a Milano alle speculazioni degli spregiudicati palazzinari degli anni '60 e '70 o al sacco di Palermo fatto dall'allora sindaco Ciancimino, che aveva per socio la mafia. Che poi ci sia qualcuno che partecipando alla più grande operazione culturale del Paese - fare grande Milano - ha fatto pure il furbo o anche qualcosa di più può essere, e giustamente gliene va chiesto conto. Ma una somma di fatti veri non può portare alla verità sostenuta dalla Procura di una Milano Far West in mano a una cupola mafiosa o a una associazione a delinquere.
La nuova Milano è venuta su in base a regole accettate e condivise che un certo giorno i magistrati hanno giudicato illegali in modo arbitrario e retroattivo. Ed è lì che è iniziata una caccia alle streghe che ha paralizzato - complice l'inerzia della politica che sarebbe potuta intervenire con una legge nazionale e non lo ha fatto per motivi di campanile politico e geografico - lo sviluppo della città, un danno valutato già ora in alcuni miliardi.
Quello che sta accadendo è qualcosa di simile al ciclone che investì Roma qualche anno fa, quando il procuratore Pignatone si mise in testa che la mafia si era impossessata della Capitale e mise a ferro e fuoco la città con la famosa inchiesta «Mafia Capitale» bastata appunto su un teorema.
Palate di fango che fecero il giro del mondo per finire, ovviamente, nel nulla assoluto: quattro delinquenti non fanno di Roma una città mafiosa, così come quattro eventuali mascalzoni, vedremo se ci sono, non fanno di Milano una città «fuori controllo».