Il quotidiano inglese Guardian ci ha descritto come un popolo che è in grado di ingabbiare un serial killer ma non un orso. La maggioranza dei giornali italiani, invece, ha descritto il presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, come uno sceriffo di montagna che si diverte a sparare appunto agli orsi: e pure con crudeltà. Qualcosa non quadra, perché da un lato la direttiva europea che protegge gli animali è uguale per tutti, e dall'altro, però, in Germania per abbattere un orso «problematico» bastano 48 ore, in Austria e Slovenia anche meno, e in Svizzera (che applica la stessa direttiva) possono metterci una mattinata. Che cosa cambia? A parità di legge continentale cambiano la magistratura, la cultura giuridica e nondimeno un animalismo e ambientalismo preso in ostaggio da alcune parti politiche. Catturare o neutralizzare un orso, in pratica, in Italia richiede più carte, pareri, passaggi e udienze di quanti ne servono per arrestare un delinquente imbottito di tritolo: qui tutto è formalismo, tutto diventa Tar (Tribunali amministrativi regionali, che all'estero non esistono) e tutto è annullabile, impugnabile ed eccepibile.
Si riparte, ovviamente, dal giudice che qualche giorno fa ha disposto un processo contro il presidente Maurizio Fugatti nonostante il pm avesse chiesto un'archiviazione: questo perché la Provincia fece abbattere un orso senza dimostrarne «adeguatamente» la pericolosità, come la legge pretendeva, o meglio: come pretendeva il modo italiano di interpretare la legge. L'orso M90 era già monitorato da tempo per sue precedenti aggressività e, secondo il pm, c'era il rischio che «se ti perdi nei formalismi, nel frattempo, succeda qualcosa». Ed era già successo, qualcosa, in passato.
Tra le ignoranze della nostra stampa (esclusa quella locale) c'è pure che in Trentino hanno il problema di arginare il neo-bracconaggio: pastori e coltivatori che sono esasperati dall'immobilismo statale e che stanno facendo da soli. Altrove non accade. In Germania l'orso «JJ1» aveva ucciso decine di animali da allevamento, e si era avvicinato a centri abitati: è stato abbattuto dopo un iter di 48 ore da un tiratore scelto, e nessuno direbbe che i tedeschi sono meno animalisti e ambientalisti di noi. In Austria e, in Tirolo e Carinzia, le ordinanze dei Länder sono atti lunghi due pagine, e concretizzati in poche ore: c'è una certa casistica. In Slovenia, da cui importammo dieci orsi 25 anni fa (ora sono diventati centinaia) ci sono delle quote annuali di abbattimento e hanno regolamentato persino la caccia. All'orso. In Svizzera la decisione di abbatterne uno e l'effettivo abbattimento possono convivere nello stesso giorno. Poi si varca il confine italiano ed ecco le carte accuratamente motivate che sono invece necessarie per fermare un orso ritenuto pericoloso: 1) istruttoria tecnico-scientifica; 2) parere Istituto protezione e ricerca ambientale; 3) prova che ogni alternativa sia stata tentata: 4) prova di «proporzionalità» del provvedimento; 5) prova di compatibilità con la conservazione della specie, 6) tracciabilità di ogni azione; 7) protocollo con anestetico e personale veterinario in loco. E, se manca uno solo di questi passaggi, l'atto è illegittimo e può essere impugnato, sospeso, ri-impugnato. Il Guardian ha scritto di «uniquely Italian legal maze», labirinto legale tipicamente italiano. Ma quello che persino stampa straniera ignora è la lista degli oppositori all'abbattimento di un orso pericoloso: Enpa, Lav, Oipa, Lac, Lndc, Wwf, Animalisti italiani e StopCasteller; manca lo spazio per tradurre tutte le sigle, anche se segnaliamo che una è la Lega per la difesa del cane. Sul piano politico, invece, si oppongono regolarmente Pd, Verdi, Europa verde, Sinistra Italiana, 5 Stelle e liste animaliste. Sul piano giudiziario, ancora, possono esprimersi Tar, Consiglio di Stato e Commissione europea: basta ricorrere.
Durante il Governo Conte capitò che a opporsi sia stato il ministro dell'Ambiente Sergio Costa (grillino) secondo il quale «la tutela dell'animale ha la priorità». Non è chiaro se gli animali intendesse anche il genere Homo, un ominide particolarmente diffuso di cui siamo rimasti l'unica specie vivente.