Cronaca locale

«Malpensa, ci vuole una moratoria di tre anni»

Il sindaco sulla gradualità nella cessione dei voli: «L’importante è non far perdere quote di mercato»

«La moratoria di tre anni su Malpensa va fatta. È a costo zero». Il presidente della Regione Lombardia punta i piedi per salvare Malpensa. Il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, lo ascolta. Non si sbilancia, ma commentando l’incontro avuto ieri in prefettura a Milano con i vertici lombardi, dice: «È andata bene». Non una parola di più ma è già qualcosa. Vuol dire che quello che fino a ieri era solamente «uno spiraglio», ora è «una porta aperta». È ancora possibile evitare a Malpensa il taglio netto dei voli previsto da Air France per l’inizio di aprile.
I toni si placano e il dialogo diventa possibile. A Roma Formigoni e il ministro Padoa Schioppa hanno alzato un po’ troppo la voce uno contro l’altro. Ora la rabbia lascia spazio ai ragionamenti e ai progetti realizzabili. Con più flessibilità. «È stato un incontro utile. Non è stata presa nessuna decisione ma le nostre argomentazioni cominciano a farsi strada». E ancora. «L’apertura del ministro? Positiva - così ha giudicato il sindaco Letizia Moratti la posizione di Padoa-Schioppa per la gradualità nella cessione dei voli, a patto che «non faccia perdere a Malpensa quote di mercato».
Il presidente della Regione Lombardia ha sfoderato l’asso nella manica e ha messo sul piatto la sua proposta. Il premier Prodi è disposto a pagare la cassa integrazione per gli oltre 7.500 dipendenti che rischiano il posto di lavoro? Bene, quella stessa cifra può servire ad attuare la moratoria di tre anni e a mantenere i voli su Malpensa. I conti sono presto fatti. Gli ammortizzatori sociali infatti costerebbero poco più di 1.600 euro al mese a testa. Ventimila euro all’anno per ciascun dipendente. In tutto 150 milioni di euro. I soldi necessari per dilazionare i tagli delle rotte e riorganizzare lo scalo lombardo sarebbero circa 200 milioni all’anno. In più, non verrebbe licenziato nemmeno un dipendente. «Mi sembra un ragionamento di buon senso - incalza Formigoni - che converrebbe anche ad Air France. Non credo che il governo non sia disposto a darci una cifra del genere quando ha appianato il debito sanitario del Lazio, di un valore ben più elevato».
Dalla Lombardia si alza anche il coro degli imprenditori e dei banchieri. Tutti chiedono a gran voce di fare un passo indietro e di prendere in considerazione anche altre offerte di acquisto di Alitalia oltre a quella di Air France. Ad esempio il piano della cordata di Air One e Banca Intesa, particolarmente caldeggiato da Formigoni.
«La gradualità nell’attuare il piano industriale di Air France - spiega il presidente lombardo - è una presa in giro. La mia non è testardaggine, ma non basta. Non chiediamo l’impossibile. Ci serve la moratoria di tre anni. Magari sarà necessaria per meno tempo ma è chiaro che sostituire in corsa un vettore con un altro non è possibile. Ci serve il minimo tempo indispensabile per rinegoziare gli accordi bilaterali con gli altri Paesi».
Nemmeno l’assessore alle Infrastrutture Raffaele Cattaneo si dà per vinto, anche se «a Roma si fregano già le mani e si preparano all’arrivo delle nuove rotte internazionali. Faccio notare - precisa - che a Malpensa vengono smarriti solo 37 bagagli su mille e a Fiumicino 170 su mille. Mi chiedo cosa succederà se il traffico aumenterà». L’assessore al Territorio Davide Boni non si capacita per aver letto su un giornalino romano l’annuncio di un bando per 300 nuovi posti di lavoro a Fiumicino. «Parlano come se i giochi fossero già chiusi, ma non è affatto così».
Al di là delle polemiche politiche, anche l’opposizione crede nella moratoria. Il coordinatore del gruppo lombardo del Pd, Guido Galperti reputa la gradualità dei tagli dei voli «indispensabile per salvaguardare il sistema produttivo del Nord».

Preoccupazione principale del capogruppo del Prc, Osvaldo Squassina sono i posti di lavoro: «Non si scherza con il futuro di decine di migliaia di persone».

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