Mediobanca, azionisti divisi Unicredit sta con i manager

Senza una soluzione condivisa da Nagel e Pagliaro, Profumo e Rampl voteranno contro il cambio della governance voluto da Geronzi

Mediobanca, azionisti divisi Unicredit sta con i manager

da Milano

Alessandro Profumo e la sua Unicredit escono dal cono d’ombra dei poteri forti, dove da tempo hanno deciso di stare, per dire la loro sul futuro di Mediobanca. Ed è una posizione, forse attesa, ma comunque clamorosa perché in contrasto con quella attribuita al presidente del consiglio di sorveglianza della banca d’affari, Cesare Geronzi. Infatti, da fonti vicine al vertice di Unicredit - che è il primo azionista del Patto di sindacato che controlla Mediobanca - si è ieri appreso che se le tensioni in atto sul cambio della governance di Piazzetta Cuccia dovessero portare alla rottura con l’attuale management, la banca guidata da Profumo si tirerebbe fuori. In altri termini Unicredit pone una condizione sine qua non: il primo azionista lavora con gli altri soci alla ricerca di un nuovo equilibrio che potrebbe portare all’abbandono del sistema dualistico e al ritorno a quello tradizionale. Ma solo se questa soluzione risulterà essere pienamente condivisa da tutte e tre le parti in causa: azionisti, membri del consiglio di sorveglianza e manager. Qualora invece la soluzione non fosse condivisa, Unicredit non darà il proprio assenso. E al momento la situazione sembra assai poco condivisa. Al punto che i manager, guidati dal presidente del consiglio di gestione Renato Pagliaro e dal ceo Alberto Nagel, hanno ieri espresso «profondo disaccordo» sia verso il cambio di governance sia rispetto «a metodi e contenuti» con i quali è stato perseguito. Una posizione tanto dura quanto irrituale.
Da quanto è stato possibile ricostruire, la linea di Unicredit è maturata nel week end quando Profumo e il presidente Dieter Rampl (entrambi siedono nel direttivo del patto di sindacato di Mediobanca, mentre Rampl è anche vicepresidente del consiglio di sorveglianza) hanno «toccato con mano» l’acuirsi delle tensioni con i manager della banca d’affari. E questo, nonostante Rampl abbia votato a favore della svolta nel comitato governance del 15 luglio, ha fatto invertire la rotta.
In realtà il «disaccordo» di Nagel e Pagliaro su «contenuti e metodi» del cambio di governance cela proprio la delusione per non essere stati informati, nemmeno da Unicredit. Tuttavia, negli ultimi giorni, Nagel e Pagliaro avrebbero trovato proprio in Rampl, più ancora che in Profumo, il sostegno fino a quel momento mancato. E che da Unicredit, banca che si batte da anni per l’autonomia di Mediobanca e dei suoi manager, si sarebbero aspettato fin da subito.
Ora si tratta di vedere, da oggi a mercoledì, quando sono convocati direttivo e patto di sindacato, che succederà.
Di certo il cambio di governance di Mediobanca, sul quale Geronzi ha già trovato il sostegno di molti azionisti, compresi i francesi, da ieri non è più una strada in discesa. La spaccatura è ora evidente. Ed è difficile immaginare che senza l’appoggio del maggiore azionista si possa andare avanti.

Senza poi dimenticare il governatore di Bankitalia, Mario Draghi. In contatto con manager e soci. A cui avrebbe fatto capire che quello che conta, al di là della governance, è la stabilità della banca. E una banca spaccata non è certo stabile.

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