Mediobanca torna all’antico senza l’accordo dei manager

I grandi azionisti mettono fine al «duale». Sul nuovo statuto Nagel e Pagliaro verranno solo «sentiti»

da Milano

Mediobanca torna all’antico: come previsto alla vigilia, ieri i grandi soci della banca d’affari hanno dato il via al percorso che condurrà di nuovo alla governance tradizionale, con ritorno di cda e sindaci, e la cancellazione degli attuali consigli di sorveglianza e gestione. Il documento con il nuovo statuto sarà messo a punto entro metà settembre, in tempo per essere presentato all’assemblea del 28 ottobre.
Sulla carta i soci hanno approvato il passo all’unanimità. Il presidente Cesare Geronzi ha condotto la partita sino in fondo, e il percorso scelto ha accontentato il maggiore socio, Unicredit, che si era distinto per la richiesta di una soluzione condivisa anche dai manager del cdg, guidati dal presidente Renato Pagliaro e dal ceo Alberto Nagel.
In verità i manager sono rimasti fuori dalla discussione (ieri non sono stati invitati ad assistere al dibattito nel patto, come succede spesso) e, nei prossimi mesi, verranno sì «sentiti», ma di fatto il loro ruolo appare, in estrema sintesi, limitato a ratificare il nuovo statuto.
Che verrà invece scritto dal comitato governance (composto da Geronzi, Dieter Rampl, Marco Tronchetti Provera, Tarak Ben Ammar ed Eugenio Pinto) insieme con Pier Gaetano Marchetti, che è poi l’estensore della bozza di massima. E che è l’autore del comunicato conclusivo della giornata di ieri.
Il tutto con la copertura, se non la garanzia, del governatore della Banca d’Italia, ispiratore da un lato dell’intero processo di revisione della governance, dall’altro del percorso formalmente «soft» che evita a Mediobanca di attraversare una fase di instabilità.
Il direttivo del patto e, successivamente, il patto stesso di sindacato hanno approvato unanimemente la svolta. Nei modi e nei termini ideati da Geronzi e rifiniti, martedì sera, in diverse riunione tra grandi soci. Quindi il consiglio di sorveglianza ha fatto il resto. Lo si legge bene nel comunicato pensato da Marchetti, che parla della relazione sui lavori del comitato governance del 15 luglio, «chiamato a svolgere l’istruttoria per la redazione del progetto di governo societario» che le banche devono fare e poi inviare a Bankitalia.
In altri termini, la revisione della governance è partita nel rispetto dei dettami del governatore. Poi, ieri, essendo il cds ad avere il compito di deliberare sulla governance; ed essendo emersa nella relazione «la necessità di rivedere l’intero sistema di governance», valutando il ritorno al sistema tradizionale, lo stesso consiglio ne ha preso atto.
A questo punto il nuovo statuto verrà scritto dallo stesso comitato governance, nel rispetto delle indicazioni di Bankitalia, e «sentito il management». Questo è l’unico accenno a Nagel, Pagliaro e al resto del consiglio di gestione. Che, dunque, non avranno molta voce in capitolo. Anche perché, terminata la stesura della bozza, il ruolo del cdg sarà solo quello di ratificare lo statuto, convocando l’assemblea per la sua approvazione.
Cosa succederà nei prossimi due mesi è ora difficile da dire. Certo la posizione di Nagel e Pagliaro (smentite seccamente le voci di disaccordo tra i due) non sembra affatto facile. Bisognerà vedere quale assetto verrà previsto da Marchetti, quanti consiglieri siederanno nel cda, quanti nel comitato esecutivo, visto che, si legge sempre nel comunicato, il nuovo sistema «nelle sue concrete applicazioni può atteggiarsi in vari modi».
Soddisfatti tutti i soci.

In questo modo, ha sottolineato il presidente di Unicredit, Dieter Rampl, «gli interrogativi che avevamo posto sono stati pienamente recepiti nelle decisioni prese oggi», giudicate in maniera «positiva» perché il comitato si impegna così a sentire il management. E in ogni caso la decisione di oggi, come ha riferito Marco Tronchetti Provera, è stata presa «all’unanimità».

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