
Ritrovarsi in piena estate a parlare di caldo è la cosa più ovvia del mondo, un po’ come parlare di calcio durante i Mondiali, di politica a cavallo delle elezioni. Già, perché in estate fa caldo, da sempre e per sempre, sarebbe bizzarro l’inverso. Certo il caldo rappresenta anche un pericolo per molti, soprattutto per i soggetti deboli, ma a differenza di altre calamità imprevedibili – dalle alluvioni ai terremoti – lo spazio di difesa è ampio. Il caldo lo si percepisce a pelle, non c’è bisogno di leggere il bollettino come per le valanghe, quindi basta nel limite del possibile evitarlo, comunque non sfidarlo altrimenti vince lui. Intendo: se uno con quaranta gradi si mette per ore a prendere il sole in spiaggia o vaga per la città passando da un monumento all’altro il problema è lui.
Siccome non viviamo nel deserto del Sahara abbiamo sempre un’oasi a portata di mano, insomma basta stare se non proprio al fresco almeno all’ombra e rinviare a giornate meno soffocanti qualsiasi attività, se necessario anche il lavoro. Il resto appartiene a dinamiche naturali inevitabili: spegnere il sole risulta problematico; ordinare al nostro corpo di fregarsene pure; abolire il caldo per decreto altrettanto.
Niente, ci resta solo di usare il buon senso, rallentare e incrociare le dita che vada tutto per il meglio perché è pura illusione poter tenere in piena estate le stesse abitudini e ritmi di vita che teniamo in altre stagioni. Se c’è una cosa su cui gli esperti convergono è proprio la stretta relazione che c’è tra il clima, l’economia e le dinamiche sociali, e questo spiega la differenza di benessere e velocità tra le aree temperate del mondo – quelle dove le stagioni sono ben definite e i picchi contenuti per durata e quantità – e quelle no. Da un po’ di tempo ci spiegano che questa mappa sta cambiando, sarà ma da quando faccio questo mestiere (quasi cinquant’anni) ogni estate mi ritrovo a scrivere – grado più o grado meno poco cambia – dell’emergenza caldo e dei suoi nefasti effetti.
Più che il clima, probabilmente, siamo cambiati noi: oggi troviamo strano che a queste temperature si fermino i rider quando trent’anni fa le città a luglio e agosto chiudevano per caldo. Ed erano tutti felici e contenti.