"Non sappiamo cosa succederà". L'allarme sul riscaldamento del Mediterraneo

Dietro ai fenomeni estremi della Spagna ma anche dell'Italia e di altre nazioni europee c'è un Mar Mediterraneo sempre più caldo che fa fatica a raffreddarsi: ecco cosa è cambiato negli ultimi anni

"Non sappiamo cosa succederà". L'allarme sul riscaldamento del Mediterraneo
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Il Mar Mediterraneo ha la febbre, una febbre che non passa e rimane più o meno elevata praticamente in ogni stagione: le temperature medie superficiali sono molto spesso più elevate della media e contribuiscono alla forza dei fenomeni atmosferici che diventano ogni volta più "cattivi" ed estremi a causa del surplus energetico a disposizione, come dimostra la disastrosa alluvione di Valencia che non è avvenuta "casualmente".

Il ruolo dei cambiamenti climatici

Gli esperti del settore lo predicano ormai da anni, i numeri sono inconfutabili: se è vero che l'Europa è il continente che si riscalda più rapidamente di tutti gli altri secondo i dati satellitari di Copernicus, componente di osservazione della Terra del programma spaziale dell'Unione Europea, con +2,3°C contro una media mondiale di un grado in meno rispetto all'era pre-industriale, il nostro Mediterraneo si riscalda ben il 20% più velocemente rispetto a tutti gli altri mari e oceani. "Da queste misure si traggono proiezioni di impatto inquietanti. Siamo entrati in una fase di accelerazione esponenziale nel cambiamento dell’ecosistema, al punto che non sappiamo più cosa succederà", ha dichiarato al Corriere il dott. Grammenos Mastrojeni, segretario generale aggiunto dell’Unione per il Mediterraneo.

L'energia in eccesso

Rispetto alla terraferma, il mare cede all'atmosfera il proprio calore molto più lentamente: dopo un'estate con caldo record, era lecito aspettarsi che in autunno le acque del Mediterraneo non potessero tornare in media così facilmente considerando anche che non c'è ancora stata nessuna ondata di aria fredda dal Nord Europa. Qualsiasi mappa satellitare mostra le acque attorno a Spagna, Italia, Grecia e Nord Africa con colori rosso accessi, significa che le temperature sono più elevate della media: questo surplus di energia è alla base di fenomeni violenti quando, come nel caso di Valencia, è in azione la Dana o "goccia fredda" che può "diventare la miccia di eventi estremi. Da stabilizzatore del clima, che ha permesso la grande rivoluzione agricola, il Mediterraneo è diventato motore di caos e instabilità", spiega l'esperto.

La temperature dell'acqua

Secondo i dati oggi disponibili, il riscaldamento del Mediterraneo è iniziato intorno agli anni Ottanta con +0.4°C in più ogni dieci anni, ossia "più velocemente della media globale degli oceani. Ciò sta portando a ondate di calore marine più frequenti e gravi, soprattutto negli ultimi 20 anni", ha spiegato al quotidiano la ricercatrice Giulia Bonino del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc). Più è elevata l'acqua del mare e più energia c'è a disposizione per i processi atmosferici come una miccia pronta ad esplodere e con eventi estremi sempre più frequenti.

Il pericolo "Medicane"

Anche se non sono successe, per fortuna, le tragedie e devastazioni di Valencia, in Italia nel mese di ottobre 2024 sono stati contati ben 19 eventi alluvionali, un numero spropositato che ha lo stesso comune denominatore: maggiore energia e maggiore calore si traducono in piogge, temporali, nubifragi più violenti. Inevitabilmente. E negli ultimi anni sono aumentate anche le formazioni dei Medicane, quegli uragani mediterranei che hanno portato accumuli piovosi incredibili in poco tempo. "Negli ultimi 10-15 anni abbiamo visto un’intensità maggiore che porta a cicloni più simili alle loro manifestazioni tropicali", ha aggiunto al Corriere Leone Cavicchia, ricercatore del Cmcc.

Per fare alcuni esempi recenti, c'è stata la tempesta Boris che ha devastato a metà settembre il Nord Italia con numerosi allagamenti e straripamenti di fiumi in Emilia-Romagna per arrivare alla Dana spagnola di questi giorni originatasi da una goccia fredda che aveva in precedenza colpito anche Sicilia e Calabria.

"Ogni grado Celsius di aumento della temperatura atmosferica porta a un ulteriore 7% di vapore acqueo contenuto nell’atmosfera, che viene poi rilasciato sotto forma di precipitazioni", sottolinea Cavicchia. Uno studio su Boris ha messo in luce una realtà facilmente intuibile: in molte regioni le piogge sono state più violente del 20% rispetto all'epoca precedente i cambiamenti climatici.

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