Lui si definisce «musical clown». Bavarese, ingegnere di formazione, Ulik è una delle star più note di questa edizione del Festival grazie alle strane macchine che lui stesso inventa e costruisce e che danno vita allo spettacolo Mecanocomik: rollerblade capaci di «spingerlo» fino a 100 chilometri orari o magici motori applicati alla schiena che la fanno volare.
Come reagisce la gente a tutto questo?
«Con un mix di divertimento ed eccitazione. Solo quando alla fine dello spettacolo mi sparo verso il cielo si spaventano un pochino».
Quando le è venuta lidea di applicare lingegneria alla clownerie?
«È una ricerca che dura da ventanni. Gli artisti devono creare qualcosa di nuovo ogni giorno».
Lei ha girato tutto il mondo. Qual è il pubblico che ha avuto la reazione più strana?
«Forse i giapponesi. Ho avuto fino a 2000 spettatori in una piazza e metà di loro mi scattavano foto. Avevo centinaia di obiettivi puntati verso di me e risplendevo come un robot. Rimanevano tutti finché non avevano avuto almeno una foto con me e il mio autografi. E che incassi!».
Che cosa scatta nella testa di un ingegnere per farlo diventare clown?
«La cosa più preziosa che abbiamo è lamore. E il mio lavoro è la cosa più seria che posso fare per sviluppare amore. Preferisco che la gente ami a qualsiasi altra attività».
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