«Le mie prime creazioni? Sacchi a pelo per barboni»

Strani soggetti s'aggirano con una borsa di canvas su cui campeggia il logo «Ufficio delle poste di Zona Brera» e relativo codice d'avviamento postale. Postini del Terzo Millennio? No, testimonial del lancio di un oggetto del desiderio che arriverà nei negozi nel 2010. Si acquista su ordinazione e per ogni variante ricevuta via posta in 15 giorni si paga dai 260 ai 320 euro. Ogni pezzo prodotto in Bangladesh, viene assemblato a mano, rifinito in pelle e dotato di cartellino con nome del destinatario. L'idea è di Max Mazza, «stilista anomalo» in quanto finanziato da aziende asiatiche. «Faccio la spola fra Hong Kong e Milano, ho uno staff creativo qui e un altro dall'altra parte del mondo, strutture produttive in Bangladesh». Nato a Lecco 43 anni fa, figlio di una sarta, Max Mazza ha appena organizzato in via Tortona, la presentazione delle collezioni uomo e donna per il prossimo inverno, dedicando una giornata intera al lancio delle borse. Il designer che negli anni '80 disegnava abiti dark per i suoi amici, s'è fatto conoscere nel '97 come autore di «Barboun», giaccone-sacco a pelo cucito con le sue mani mentre fame e freddo lo paralizzavano in una soffitta. Lì si era rifugiato dopo esser rimasto a secco di denaro per aver organizzato una sfilata a Lecco per 3 mila persone. Cinquanta pezzi dell'ingegnoso modello furono distribuiti ai clochard della Stazione Centrale e 500 inviati dall'associazione «Amici della vita» di Mendrisio agli abitanti del Kossovo durante la guerra.
Perché il marchio Brera?
«Un giorno a Hong Kong in un negozio-galleria vidi un quadro con la scritta in italiano "Ufficio delle Poste". Da qui a pensare a Brera e ai sacchi di juta dentro cui venivano trasportate le lettere il passo è stato breve. Brera per il mondo è la Milano creativa e artistica».
Come lavorano i suoi collaboratori asiatici?
«Sono ammirato dall'impegno che mettono nella produzione. I risultati parlano chiaro: negli ultimi tre anni siamo cresciuti del 500 per cento, abbiamo aperto negozi a Milano, Aosta, Modena e Biella e incrementato i punti vendita che distribuiscono le collezioni in oltre 500».
Qual era il sogno di partenza?
«Diventare Armani. Di lui ammiro non solo il talento ma la capacità imprenditoriale».
Quali il sogno di oggi?
«Entrare nell'Olimpo dei grandi e nel 2010 trasformare la mia impresa in società per azioni».
Come si diventa designer-imprenditori?
«Il mio concetto imprenditoriale l'ho appreso a Hong Kong attraverso un lento percorso. Prima guardavo all'Italia, poi mi hanno insegnato a guardare al mondo».


Come si pone di fronte ai giovani stilisti?
«Bisognerebbe fare molto di più per i talenti che escono dalle scuole e che non hanno la possibilità di provare a mettersi in gioco. Sogno di aprire un laboratorio della moda a Milano per dare ai giovani la possibilità di lavorare con le nuove tecnologie».

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