Che tipo di designer sei e come hai cominciato?
«Un architetto di 35 anni che da 12 fa il designer. Da studente ho fatto un viaggio in America, mi sono piaciuti i grattacieli e da lì è partito tutto. Il mio primo lavoro è stato con un allievo di Giò Ponti che mi ha fatto conoscere Castiglioni e Zanuso e innamorare del design».
Che cosa progetti?
«Oggetti di uso comune, da qualche anno anche mobili e illuminazione. Molti mi conoscono per Moscardino, la forchetta-cucchiaio biodegradabile che ho creato insieme a Giulio Iacchetti negli anni del boom dell'happy hour, quando non c'erano ancora gli strumenti giusti per farlo. Mi ha fatto vincere il Compasso d'Oro e ora è al Moma di New York».
Che cosa presenterai alla Pecha Kucha?
«Gli incontri fortunati che ho avuto grazie al design. Il mio migliore amico e collega Giulio Iacchetti che mi ha fatto conoscere mia moglie. I miei figli, che mi hanno fatto ragionare sul perché degli oggetti. E il marchio che ho fondato per progettare macchinine di legno in cedro del Libano. I designer inquinano il mondo con oggetti nuovi. Queste automobiline una volta usate, come giochi o come profuma biancheria, si possono bruciare per creare un bel focolare domestico».
Sei milanese, a Milano lavori.
«Tutti dicono che fa schifo, ma poi ci restano. Per chi fa il mio lavoro Milano è ancora l'Eldorado, un portale da e per il mondo. Che qui la creatività stia morendo mi sembra proprio una baggianata. Abbiamo ancora tanto da dire».
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