È successo, dice la sentenza emessa ieri dal giudice Annamaria Gatto. È successo, per quanto incredibile possa sembrare, che all'interno di un asilo estivo del Comune una bambina abbia subito le pesanti avances sessuali di una segretaria, una donna segnata nel fisico e forse anche nella psiche dalla malattia. Si toglieva la parrucca, fingeva di essere uomo. E allungava le mani.
Per questo la donna è stata ieri condannato a tre anni e mezzo di carcere, poco più della metà della pena che per lei aveva chiesto il pubblico ministero Luca Gaglio. Dall'accusa di avere picchiato la sua piccola vittima, infatti, è stata assolta. Mentre invece provato aldilà di ogni ragionevole dubbio è stato ritenuto dal giudice il morboso, perverso rapporto che la segretaria aveva cercato di instaurare con la sua piccola vittima. E non è tutto: nei fascicoli della Procura c'è anche l'ipotesi che un altro alunno, stavolta di sesso maschile, abbia subito lo stesso trattamento. Ma al momento di venire interrogata, pur con tutte le cautele, la seconda vittima si è rifugiata sotto un tavolo. L'inchiesta su questo secondo episodio è stata stralciata e continuerà nelle prossime settimane.
Tutto accadeva in un asilo della zona di Niguarda, dove M.B., 54 anni, lavorava come segretaria amministrativa. La donna aveva un passato da educatrice, sempre nei nidi comunali, ma diversi anni fa l'assessorato l'aveva rimossa dall'incarico per «motivi di salute». Allora non c'era stato, evidentemente, anche un allarme sulle inclinazioni sessuali di M.B., altrimenti non le sarebbe stato permesso di restare a lavorare in una mansione che comunque le consentiva il contatto ravvicinato con i bambini.
E a contatto con i bambini la donna ci sarebbe rimasta chissà quanto se nell'agosto del 2011 la famiglia di una bambina non si fosse presentata ai carabinieri della stazione di Greco raccontando quanto era accaduto il mese prima all'interno del centro estivo cuio avevano iscritto la figlia. Il centro, collocato presso uno delle strutture del plesso in cui era in servizio M.B., si era trasformato per la piccola in una specie di incubo. Durante le pause pranzo, quando - fidando proprio sulla sua esperienza pregressa di educatrice - le maestre lasciavano M.B. a curare i piccoli ospiti, la segretaria si lasciava andare alle sue pulsioni. Nei suoi primi racconti agli psicologi, la bambina aveva parlato di «coccole» e schiaffoni da parte di un uomo che frequentava la struttura. Ma di presenze maschili nel centro estivo non c'era traccia.
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