C'è stato il tempo della Russia, poi è venuta la Cina, poi ancora l'Indonesia, ora è il momento dell'Africa. Il mondo dell'arte ne pare sedotto. E se la Fondation Louis Vuitton di Parigi ha in corso la più grande esposizione di arte contemporanea africana mai realizzata, il resto del mondo occidentale ne segue la scia. Lo fa anche il Pac con una mostra, Africa. Raccontare un mondo (fino all'11 settembre, su pacmilano.it il calendario degli «appuntamenti africani» in estate, tra proiezioni cinematografiche e concerti), curata da Adelina von Fürstenberg, da sempre sensibile all'arte «extra-vagante», ovvero fuori dagli schemi (geografici) consolidati.
Bisogna prepararsi un po', prima di entrare al Pac o il rischio è quello di rimanere incantati dai colori e dai suoni esotici che si traducono, all'uscita, in un mal d'Africa assai diverso da quello che assale i viaggiatori: gli artisti chiamati ad esporre sono una trentina, compresi alcuni designer. Alcune delle firme sono consolidate sul mercato, altre emergenti. Fotografie, sculture, installazioni, quadri, disegni, video e performance: come si fa a raccontare un continente che va dal Marocco al Sidafrica, passando per il Mali, in un padiglione d'arte neppure troppo grande? Si possono seguire dei filoni.
Il primo è quello degli artisti dopo l'indipendenza, che descrivono tutta la vitalità dell'Africa degli anni Settanta e Ottanta, pronta a spiccare il volo dopo il colonialismo e a guardare con curiosità all'arte e agli stili di vita occidentali. C'è poi il filone post-colonialista, che vede artisti impegnati nella lotta (anche culturale) all'Occidente, c'è quello della «Generazione Africa», un buon numero di artisti che si è formato nelle accademie europee e che vive in bilico tra due mondi. Infine ci sono le elaborazioni al femminile di una serie di artiste che si concentrano sul tema della migrazione e della lontananza.
Una mostra d'arte, tuttavia, è una mostra d'arte e non un trattato di sociologia: se quindi l'opuscolo all'ingresso è utile per conoscere la biografia e gli stili dei 33 artisti esposti, il modo migliore per assaporare questo viaggio nel Continente Nero dell'arte è lasciarsi catturare dal magnetismo di alcune opere.
Una delle opere-simbolo l'ha concepita il camerunense Barthélémy Toguo, 50 anni e una mostra importante al Palais de Tokyo di Parigi: è una barca lunga 5 metri realizzata con legni di recupero, che «naviga» su bottiglie di plastica verdi ed è carica di enormi sacchi di plastica. «Road to exile», strada per l'esilio, il titolo che non ha bisogno di essere troppo spiegato.
Notevole la fotografia di Shonibare Mbe (del Lagos ma attivo a Londra, dove è stato tra i candidati al prestigioso Turner Prize): la sua colorata «Medusa» è un omaggio alla celebre Zattera di Gericault e una riflessione sui naufragi contemporanei.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.