«Aiutateci a salvare i gatti paralizzati destinati alla morte»

Animali che non possono nutrirsi e muoversi da soli accuditi da volontari che dedicano loro tempo e amore

Guardarli negli occhi, proprio mentre soffrono, sempre in silenzio perché la sofferenza non li farà mai né bestemmiare né miagolare più forte, perché l'accettazione della fine della musica della vita è silenzio, e loro più di noi lo percepiscono e soprattutto lo fanno percepire, e sentire che in loro vive un'umile forza che noi non abbiamo: la dolcezza dell'abbandono che chiamiamo morte, dolce in quanto utero di speranza fino all'estremo in cui proteggere il musino con tenerezza, non per nascondersi ma per vedere il destino senza paura.

Ed è proprio perché solo nei loro occhi la morte è così, la bambina sorte che spegne goccia a goccia la scintilla delle pupille, che alcune donne e uomini dicono: no, lo posso salvare, posso raccogliere come una goccia questa micia massacrata da un'automobile o dalla ferocia della bestia umana, posso darle quello che mi chiede, la felicità di sentire in me che la vita è una goccia per una volta sola, e per una volta sola io la posso tenere nelle mie mani come la scintilla di una pupilla.

Quante volte ha detto questo «no» Veronica Grecchi, 38 anni, milanese, impiegata, che da vent'anni salva gatti a tal punto deturpati dalla sofferenza da non scorgerne nemmeno più il colore del pelo? Non si contano, da quel giorno che lo disse per la prima volta vent'anni fa di fronte a un gatto al pronto soccorso veterinario Laudense, di Lodi, che già stava per subire l'eutanasia, ma Veronica vide nei suoi occhi che la goccia della vita poteva essere tenuta nelle sue mani, quando quel micio allungò una zampa verso di lei in un linguaggio primigenio senza parole.

Veronica Grecchi ha fondato «Diversamente gatto», onlus dall'anno scorso, che significa sessanta mici in casa di dieci volontarie, che vivono da paraplegici, tetraplegici, con la vescica da spremere ogni giorno, ma vivono e sono felici.

«Mi alzo alle 5.30 del mattino - racconta Veronica Grecchi - e mi dedico alle loro cure, prima di andare in ufficio. Mio marito Fabrizio fa lo stesso, e lo stesso fanno le mie amiche che vivono con questi mici in Lombardia ma anche ad Alessandria o Venezia. I gatti vengono soprattutto dal centrosud, dove il randagismo è diffuso e sono più soggetti a incidenti e pestaggi, ma il tam tam del loro muto soffrire scuote Facebook e arriva fino a me. E io corro». Si chiamano Mia, Birillo, Ice, Nelly, camminano solo con due zampe, giocano anche se hanno il naso o la mascella massacrata, corrono per la casa più veloci dei sani, magnifici quattrozampe che spesso teniamo come trofeo di madre natura. Ma madre natura, diceva Leopardi, è matrigna e una mela che cade all'improvviso schiaccia un formicaio, come una macchina che viaggia veloce nella notte schiaccia un gatto che appare all'improvviso.

Ma il micio respira, osserva ancora il mondo con la goccia vivida della sua pupilla, sa già qual è la fine. Non ha la ragione, ma nei suoi occhi c'è più consapevolezza della morte che in quella di un uomo, e s'abbandona. Cade, come un frutto maturo cade dalla pianta, e proprio perché cade la mano dell'uomo ha l'istinto di protendersi per raccogliere la goccia prima che s'infranga per sempre sulla terra, perché l'unica pianta che un micio ti fa assaporare è quella della vita.

«Diversamente gatto» agisce tutti i giorni, anche in questo momento un gatto può essere abbattuto, ma sul far della fine un suo richiamo arriva a Veronica Grecchi.

Perché? Forse solo per ricordarci che non sapremmo decifrare il mistero delle stelle, e quindi il mistero delle forze che ci mettono in relazione al di là dello spazio e del tempo, anzi ingannando proprio il tempo e lo spazio, se una goccia di vita non brillasse negli occhi di un gatto, dicendo ad un uomo: «Tu sei il mio Dio, salvami!».

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