Patto civico, soluzione competitiva, forme di consultazione. Il centrosinistra e il suo candidato Umberto Ambrosoli, alle prese con le primarie, si stanno avvitando in bizantinismi incomprensibili. E l'avvio di una campagna elettorale che per la prima volta da 20 anni poteva essere meno ardua del solito, si è già trasformato in un mezzo fiasco. Non è «Il Giornale» a dirlo. Nei partiti si moltiplicano i segnali di insofferenza. E considerato che al voto mancano meno di cento giorni, dalle parti del Pd tanti cominciano a preoccuparsi. E qualcuno lo dice anche. Considerata la penuria di personalità credibili e di spessore in quel campo, l'avvocato Ambrosoli era (è?) atteso e invocato come una sorta di mago, capace come nelle favole di trasformare una «zucca» in carrozza. Con le molte differenze del caso, tutti pensavano all'avventura di Giuliano Pisapia, che meno di un anno fa ha avuto la ventura e la capacità di conquistare Palazzo Marino, imboccando uno stato di grazia in cui tutto è filato per il verso giusto e ogni cosa è andata al suo posto, perfino gli arcobaleni sul cielo di Milano. L'«incantesimo» stavolta non è riuscito. O comunque non sembra replicabile. E la zucca della sinistra è rimasta zucca.
Ambrosoli ha avuto fin dall'inizio la comprensibile esigenza di smarcarsi dai partiti. Ieri lo ha finalmente teorizzato: «Il mondo della sinistra per come si è presentato alle regionali del 2010 non basta per vincere in Lombardia» ha detto. Ma questo suo progetto di emancipazione dai partiti è stato tutto giocato sul terreno di una discussione «criptata» e fra iniziati, in politichese stretto. Ed è rimasto completamente incomprensibile a «comuni mortali» ed elettori. Non solo quelli distratti e occasionali, ma anche i più fidelizzati, che sono rimasti completamente indifferenti, o peggio infastiditi e delusi. Può darsi che per Ambrosoli fosse indispensabile - anche in vista di un eventuale «dopo» - fissare i paletti. Per ora questa iniziativa sembra non aver pagato. E non solo perché i partiti cominciano a essere insofferenti («Non è utile continuare a dare un segnale di totale diffidenza verso i partiti» ha detto ieri il Pd di Milano, «i partiti non vanno attaccati a prescindere» ha confermato Sel).
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